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mercoledì 23 luglio 2008

LA LUCIDA FOLLIA DI KARADZIC

C'è sempre stato qualcosa di impressionante nel personaggio Karadzic. Quella massa ribelli di capelli candidi, lo sguardo da scienziato pazzo, gli atteggiamenti bonari e accattivanti con i giornalisti con sui sapeva abilmente trattare. E quel piglio deciso, un baleno negli occhi, che si trasformava nell'ordine di una strage, nel bombardamento dalle alture delle montagne sopra Sarajevo, nel correre delle colonne di miliziani in città divenute lo spettro di se stesse, sventrate prima e poi saccheggiate da bande di commercianti organizzati. A vederla oggi dall'alto Sarajevo, da quelle trincee scavate bel fango e ancora zeppe di vecchie cartucciere, di bottiglie di rakia, di appoggi per i fucili dei cecchini, il primo volto che viene in mente è il suo: i proclami senz'ombra di dubbio, la mimetica abilmente alternata all'abito diplomatico, l'atteggiamento simpatico seguito dagli ordini imperiosi cui obbediva il suo sodale ancora uccel di bosco, il possente generale Mladic.

Dopo una latitanza di oltre dieci anni la sua corsa si è fermata. Montenegrino di nascita, psichiatra per studi e poeta per passione, Radovan Karadzic sale velocemente i gradini della politica. E' la situazione a offrirgli una scena che richiede un capo senza dubbi, visionario quel tanto che basta, amico della gerarchia ortodossa di cui si fa scudo e capace di scaldare gli animi di un nazionalismo in fasce che cresce rapido agli inizi degli anni Novanta. Ma Karadzic si prende fin troppo sul serio e finisce a scontrarsi col suo grande protettore, quello Slobodan Milosevic che, ultimo capitano della Iugoslavia, cerca di disegnare con Karadzic i futuri confini della “Grande Serbia”. Ma quando nel 1995 si siglano gli accordi di Dayton, che mettono fine alle guerre balcaniche, Karadzic non ci sta. Entra in rotta di collisione con “Slobo” e forse non capisce come, solo qualche mese prima, Belgrado gli abbia dato il via libera per “ripulire” Srebrenica (8mila scomparsi) e adesso si accordi coi nemici per ridurre la Republika Srpska a una misera entità del nuovo stato presidiato dalla Nato.

Si è detto di Karadzic che fosse pazzo ma in realtà è una via d'uscita troppo comoda. Il suo disegno - creare lo stato etnicamente puro dei serbi di Bosnia - è fin troppo lucido. Come lucida è la sua fuga che sfrutta coperture e inanità ben sapendo che solo la politica potrà decidere del suo futuro. E infatti quando il patto si rompe la sua fine è segnata. Non serve la nuova maschera da dottore che si è disegnato. L'ultima maschera che gli resta addosso è quella, coperta di sangue, dipinta dai drammi umani che la sua lucida follia ha causato.

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