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sabato 3 ottobre 2009

VIVERE SULL'ANELLO DI FUOCO

Padang sta sulla linea del fronte, appoggiata sul maledetto “Ring of Fire”. Un “anello di fuoco” che circoscrive un'area amplissima che tocca le Americhe, l'Australia e la piattaforma euroasiatica per spezzarsi in mille piccoli anelli che si disperdono lungo la penisola malese dopo aver costeggiato praticamente quasi tutte le 13mila isole dell'arcipelago indonesiano. Paradossalmente, qualche migliaio di miglia più a Nord o più a Ovest e saresti fuori da questa strada maestra dei terremoti, delle eruzioni vulcaniche, dei mille piccoli o grandi tsunami originati dai sismi marini che qui chiamano “ombak besar”, grande onda, l'onda anomala e mortale. Ma questa volta l'onda non c'entra.
Giava, Sumatra, Sulawesi sono nomi che identificano le grandi isole dell'arcipelago in cui si convive col terremoto da sempre. Chiunque ha un parente che è stato colpito da un terremoto o un amico con la casa distrutta dal vulcano. A Giava spiano sempre con un timore la cima semidormiente del Merapi, “montagna di fuoco”. E tutti sanno che le rovine di Borobudur, il più grande tempio buddista del mondo, vennero alla luce scavando gli spessi strati di lava che lo avevano ricoperto. E' una storia che si ripete e contro la quale per certi aspetti non si può far molto. Un'eruzione vulcanica richiede solo un buon piano di evacuazione, come nel caso delle onde anomale. Scappare più in fretta che si può. Ma con i terremoti, con la terra che si apre in larghe crepe, qualcosa invece si può fare. Anzi, per la verità, la sapienza che deriva dall'esperienza, aveva insegnato agli indonesiani, ai duecento popoli che abitano quel microcosmo insulare, come difendersi dai terremoti: sono le tecniche architettoniche la guida per capire come l'uomo tenta di prevenire una strage. Qualcosa che va oltre i piani di evacuazione del “si salvi chi può”.
Se ha ragione Al Jazeera, si scopre adesso che a Padang non c'era nemmeno quello, il più banale atto preventivo per salvare vite umane. Il governo locale aveva richiesto fondi per aggiornare la prima pratica vitale per fronteggiare un sisma ma Giacarta avrebbe fatto spallucce. La seconda, ma non per importanza, è appunto il modo di costruire le case e, soprattutto, gli edifici pubblici, grandi per vocazione e necessità, come devono essere scuole, ospedali e uffici governativi. Le cronache parlano di almeno 500 strutture collassate a Padang, oltre mille a Jambi. Edifici che diventano trappole mortali quando sono fabbricati in cemento armato rigido a più piani. La regola aurea vuole che in caso di sisma, tre siano le strutture che devono reggere: i palazzi del potere, da cui si organizzano gli aiuti, le strade che devono consentirne l'arrivo e gli ospedali, dove si curano i feriti. A Padang i terremoti sono di casa e a mettere in fila i più recenti - dicembre 2004, aprile 2005, marzo 2007 e settembre 2009 - viene la pelle d'oca. Alcuni edifici resistono sino a che non arriva il botto grosso. E le strutture, debilitate dalle scosse precedenti, collassano.
L'Indonesia, benché sia una terra a rischio, è povera di piani edilizi di prevenzione. E non ha una protezione civile efficiente, sostituita in caso di emergenza dall'esercito. E' una logica che rispecchia gli anni della dittatura che si basava su due imperativi: sviluppo forzato e controllo militare. Lo sviluppo forzato era la dimostrazione dell'uscita dal sottosviluppo e del potere della famiglia Suharto, rigida nel controllo ma assai flessibile nella concessione di appalti edilizi e responsabile di gran parte del disastro ambientale del manto forestale nazionale: due elementi che concorrono ad aggravare gli effetti di eventi naturali non prevedibili ma prevenibili.
La sfida della nuova stagione inaugurata dalla fine della dittatura è anche questo. Non solo un problema di soldi che, alla fine, si trovano sempre. Ma di scelte. L'abbandono dell'edilizia tradizionale ha favorito gli speculatori che hanno trasformato i grandi centri urbani indonesiani in favolosi terreni di caccia grossa. Le piante delle città sono state ridisegnate dalla scoperta del modello “Singapore”: grossi centri commerciali sviluppati in altezza dove si compra dal riso al frigorifero. Ma come saranno attribuite licenze edilizie in Indonesia se nemmeno un paese del Primo mondo come l'Italia rispetta le regole che impongono ormai, specie per gli edifici pubblici, il rispetto delle norme antisismiche?

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