Come una levriera ha cambiato la mia esistenza
(articolo scritto per il 1 numero di Terra mensile da ieri in edicola)
Una volta, per dire che uno se la passava male, si usava l'espressione: “vita da cani”. Adesso guardo la mia levriera sdraiata sul tappeto dopo aver appena cenato che sonnecchia tranquilla e penso: “Guarda che vita beata! Pranzo e cena assicurati, cure mediche, passeggiatina e nessuna necessità di lavorare. Vita da cani, vita beata....”. Sarà vero? O è solo che me la la cavo con le scatolette, un giretto dell'isolato e metto a posto la coscienza?
Da quando Fanny, levriera saluki di sette anni, vive con me non ne sono più così certo. La guardo mentre dorme con l'occhio chiuso ma vigile e penso: ma quanto sarà noiosa la sua vita sul tappetino di casa? Quanto le darà noia il fumo del mio dannato toscano? Quanto le sembrerà pallosa questa esistenza tra ciotola e strapuntino, giretto del vicolo e qualche carezza? La mia vita col cane ha cambiato la mia esistenza.
Da quando ho intercettato la sua coscienza di essere vivente, da quando alle sole coccole ho sostituito i discorsi, da quando io e il cane ci confidiamo i guai o le gioie della nostra esistenza, Fanny mi è apparsa sotto un'altra luce: quella della sua anima.
Ho avuto cani per tutto il corso della mia vita senza mai averli scelti, comprati, salvati da un canile. Ho sempre cercato di tenerli a distanza perché, sotto sotto, capivo che avrebbero limitato la mia libertà di movimento e, soprattutto, che avrei corso il rischio di amarli. Ho avuto un gatto di provenienza stradale, quand'ero adolescente, che è morto in battaglia e avevo giurato che non avrei più voluto animali. Il fatto è che gli animali sono attratti da me. Mi cercano e mi seducono. Così è avvenuto con Fanny.
Un levriero saluki è un cane nobile di origine beduina. Un cane dei deserti, dice quel poco che si riesce a trovare su di loro, che è in realtà il capostitpite di tutti i corridori a quattro zampe. Dal saluki deriva il pastore afgano, il grande borzoi russo e le decine di incroci con cui, soprattutto gli inglesi – colonizzatori per eccellenza di territori e comunità - hanno popolato il mondo con razze selezionate. Non ho scelto Fanny perché è un cane di razza. Me lo hanno regalato e ha anzi saputo farsi perdonare il pedigree. I nobili, specie quando esibiscono una sfilza di cognomi (“che, sai, non mi stanno nemmeno tutti sulla carta d'identità...”) o quando vi mostrano l'albero genealogico dove scorre il loro sangue blu, possono diventare stucchevoli e noiosi. Ma Fanny è diversa. Non esibisce il suo nome per intero (Kanyamakan saluki) né i magnanimi lombi da cui è stata partorita. Adora i meticci di colore nero o i cani da cascina (che per intendersi assomigliano ai jack russel) che le piace provocare inchinandosi davanti e mimando la corsa di gioco. E' un cane nobile nell'animo. Che mi ha insegnato anche a stare attento alle parole che uso (bastardi? No, meticci. Bastardo sarai tu!).
Il saluki è un cane da guardia e da caccia. Un avvocato che frequenta il mio quartiere mi ha spiegato che stanno sulle case a tetto piatto del deserto, e forse davanti alle tende dei nomadi, e scrutano l''orizzonte. Il loro compito è avvisare dell'arrivo di uno straniero. Sta poi al beduino scegliere se aprire la porta o aprire il fuoco. Fa lo stesso in casa mia (ma non sono armato). Appena sente un rumore abbia e mi mette in guardia. Se accolgo l'ospite con un abbraccio, si acquieta. Se è qualcuno che vuole convincermi a cambiare gestore di luce, acqua, gas, telefono, ringhia sommessamente finché la porta non si richiude. Dicono che il beduino ortodosso faccia bere il saluki all'oasi prima di sua moglie. Ma questa è un'altra storia.
E' pensando al deserto che ho scoperto che un cane ha anche dei diritti. Uno dei suoi diritti è che dovrebbe correre. Che i confini del mio salotto sono assai più ristretti di quelli di un'anima libera che nel suo dna possiede il ricordo di spazi infiniti. Oggi il luogo della sua origine si trova forse tra Irak Siria e faceva parte della Grande Persia. Gli iraniani lo considerano il loro cane nazionale, scippato, come il petrolio e altri diritti, dall'Union Jack. Suo cugino primo, il levriero afgano, è invece un cane pastore. Ormai in Afghanistan non ne esistono più: spazzati via da trent'anni di guerra e dallo scippo di tesori - dai monili ai cani - che, in sei lustri di razzie, hanno spazzolato il Paese dell'Hindukush. Cane nobile per diritto di sangue e di cittadinanza, il levriero afgano era esclusiva proprietà del re. Potevi tenerlo per accudire il gregge, ma non potevi venderlo. Fartelo razziare si.
Ho scoperto dei diritti di un cane avendo a che fare con altri umani nei luoghi pubblici. In alcuni ristoranti non la fanno entrare, al cinema non si può, alla Rai – dove conduco un programma radiofonico – è vietato l'ingresso a cani e bambini. La lasci a casa, no?, dice chiunque. Ma la mia saluki piange se resta a casa da sola (come tutti i cani). E non è solo che mi commuovo. Poiché per il programma alla radio esco alle 5 del mattino, un coinquilino che l'ha sentita guaire - dei lunghi ululati strazianti - mi ha accusato di far le ore piccole abbandonando il cane a casa. Con minaccia di denuncia al telefono azzurro.
L'alternativa è lasciarla in macchina. Per il cane è un luogo sicuro e conosciuto ma adesso che sto pensando a comprarmi un riksciò, per non dover rinunciare alla bici e nemmeno al cane, la radio, certi ristoranti e il cinema restano un tabù. Che viola i diritti di Fanny e miei perché ci vieta di stare assieme. Per Fanny separarsi da me è un dolore vero e profondo. Come fare?
Per la radio uso la macchina. Sto via un'oretta e lei si rassegna. La cosa è ciclica dunque sa che tornerò. Al cinema ho rinunciato. Ho letto che a Roma ne esiste uno anche per cani. Ma che film daranno? Sul ristorante però mi impunto. E la legge potrebbe darmi ragione.
Si chiama “Accesso libero degli animali in tutti i luoghi pubblici, aperti al pubblico e nei pubblici esercizi istituzione di aree verdi e spazi pedonali animal friendly” l'ordinanza dell'allora ministro Michela Brambilla che, concordata con l'Anci, l'Associazione di Comuni italiani, tutela il diritto di esistere di Fanny. Ovviamente un'ordinanza non è una legge ed è necessario che il singolo Comune la adotti. Ma in molti casi il proprietario non lo sa o finge di ignorarlo. Bisogna insomma sapere se la vostra città, il vostro Comune, ha adottato l'ordinanza che è molto chiara come potete vedere nel box a fianco. E leggete bene: “Il titolare di un esercizio può presentare all’ufficio competente …… motivata istanza di autorizzazione per limitare l’accesso degli animali, sulla base di concrete esigenze di tutela igienico sanitaria sussistenti nel caso di specie; in caso di accoglimento dell’istanza l’esercente deve apporre specifico avviso”. E' lui che deve motivare, non voi. Non sarà il caso di aprire un contenzioso in tribunale ma se l'esercente fa il duro e l'ordinanza c'è, fatelo anche voi. Se siete di buon animo esibite la legge. Se siete perfidi chiamate la guardia. E se la guardia non è al corrente, bene, chiamate il sindaco.
L'ordinanza recepisce tra l'altro la legge 189/2004 sul divieto di maltrattamento degli animali e sull'abbandono di animali domestici, (per saperne di più si veda ad esempio sul sito della Lav ndr) e riconosce che gli animali non sono “cose”, ma esseri senzienti. Anche il governo Berlusconi ha fatto qualcosa di buono.
Quando devo partire è un dramma. Ma ho capito che posso spiegarglielo ricorrendo, possibilmente, più o meno alle stesse rassicuranti parole: “Starai un po' con Malvina e Giovanni, tornerò presto, devo andare via e non posso portarti con me”. Mi osserva con l'aria triste e, in quel caso, non mi segue nemmeno fin sulla porta. La mia vita con il cane è un'esistenza a due che non avrei sospettato. Non serve una gran scienza e una laurea in veterinaria. A saperla ascoltare Fanny – e il vostro cane - sanno benissimo spiegare cosa vogliono.
Le foto: dal basso, Enzo Mangini 2011, durante una manifestazione per la Siria
Monika Bulaj: Fanny corre nel parco di Piazza Vittorio a Roma
Qui trovate Fanny sul sito agraria.org
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