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martedì 22 gennaio 2013

SE I TIMORI DI AMNESTY IN MALI DIVENTANO REALTA'

A una settimana dall'inizio dell'offensiva francese in Mali si affaccia il volto più odioso della guerra: le violenze sui civili. Commesse dalla guerriglia islamista, cosa già nota da tempo, ma anche dalle forze regolari maliane. Una denuncia che si basa su prove raccolte dalle maggiori organizzazioni per la difesa dei diritti umani e che comincia a fare i conti anche con i bombardamenti indiscriminati.

La prima messa in guardia su quanto accadeva e poteva accadere in Mali, Amnesty International l'aveva già detta e scritta il 14 gennaio scorso, chiedendo «a tutte le parti coinvolte nel conflitto armato del Mali di garantire che i civili siano protetti perché vi è il concreto timore che gli scontri possano dar luogo ad attacchi indiscriminati o altri attacchi illegali in zone in cui i membri dei gruppi armati islamisti sono mescolati alla popolazione civile» e che dunque «le forze che prendono parte agli attacchi armati devono a ogni costo evitare bombardamenti indiscriminati e fare il massimo per evitare vittime civili». Ma adesso la preoccupazione è diventata realtà e si basa su una raccolta di casi e prove che certificano come non siano soltanto gli islamisti a usare modi sbrigativi coi civili. Ci sono infatti evidenze di esecuzioni sommarie e abusi compiuti anche dai militari maliani. Una sorta di vendicativa ritorsione nelle città riconquistate accanto alla quale si somma l'accusa per l'esercito di Bamako di aver bombardato in maniera indiscriminata i campi dei nomadi tuareg (per ora molto poco si sa invece sugli effetti dei bombardamenti francesi).

La voce di Amnesty non è isolata: ha preso posizione Human Rights Watch, la Federazione internazionale per i diritti umani (Fidh) e la sua emanazione maliana (Amdh). Pressioni insomma per vederci più chiaro anche perché la recente decisione del procuratore della Corte penale internazionale Fatou Bensouda – che alcuni giorni fa ha aperto un'inchiesta sui crimini commessi nel Nord del Mali – si concretizzi in un'azione in profondità: vada cioè sino in fondo, anche se la stessa Amnesty ammette che l'inchiesta della corte rischia di essere riduttiva se non si impegneranno al suo fianco sia la giustizia maliana sia la comunità inernazionale...Leggi tutto su Lettera22

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