Visualizzazioni ultimo mese

Cerca nel blog

Translate

giovedì 7 agosto 2014

Fare come la Spagna: la protesta italiana contro Tsahal

La polemica sulle forniture d'armi a Israele monta. Anzi dilaga. E se alcuni governi europei, come Spagna e Gran Bretagna, mettono mano (chi più chi meno) alle forniture rivedendole o tagliandole, in Italia sono le organizzazioni della società civile a muoversi. A chiedere al governo che segua, seppur in ritardo, la via indicata dai partner europei e alla Difesa che sospenda le esercitazioni congiunte con gli israeliani previste in settembre in Sardegna. Da Rete Disarmo a Emergency la lista si allunga mentre in Sardegna gli amministratori locali fanno pressione sulla Regione perché anche dall'istituzione che ha sede a Cagliari arrivi un altolà.

Sul suo sito Emergency chiede «che il governo italiano sospenda immediatamente l'accordo di cooperazione militare con Israele, le prossime esercitazioni dei caccia israeliani nei cieli di Sardegna e la fornitura di sistemi militari, nel rispetto della legge 185, che vieta di vendere armi a Paesi in conflitto o responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, e dell'articolo 11 della nostra Costituzione che ripudia la guerra». Rete Disarmo invita il presidente del consiglio Renzi e il ministro degli Esteri Mogherini, proprio in virtù delle decisioni di Madrid e Londra, a decidere «uno stop delle forniture militari italiane ad Israele. In questo blocco – spiega una nota - devono essere comprese anche le pianificate, e mai cancellate, esercitazioni congiunte previste per l'autunno in Sardegna». La Rete ricorda che «l’Italia è oggi il maggiore esportatore dell’Unione europea di sistemi militari e di armi leggere verso Israele e proprio un mese fa, a raid aerei israeliani su Gaza iniziati, l'azienda Alenia Aermacchi del gruppo Finmeccanica ha inviato a primi due aerei addestratori M-346 alla Forza aerea israeliana», la cui presenza è prevista a Capo Frasca in Sardegna dal 21 settembre per esercitazioni congiunte con gli alleati Nato.

Nell'insieme i Paesi Ue sono, in fatto di forniture di armi a Tel Aviv, secondi solo agli Stati Uniti. Negli ultimi dieci anni i Paesi dell’Unione hanno concesso licenze per l’esportazione di armi e sistemi militari a Israele per un valore complessivo di oltre 2 miliardi di euro, di cui oltre 600 milioni solo nel 2012: sistemi di puntamento e di tiro, velivoli, veicoli militari, componenti e munizionamento. Secondo i rapporti ufficiali dell'Unione invece, i Paesi membri non hanno inviato armi o attrezzature di tipo militare in Palestina dal 2002.

Giorgio Beretta (Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere – Opal) aggiunge che «l'Italia sta esportando sempre più armi in Medio Oriente e per questo è necessario che le commissioni parlamentari competenti prendano in esame la Relazione che il governo ha da poco inviata alle Camere per farne un controllo approfondito visto che di queste esportazioni - a parte il valore complessivo - si sa poco o niente". Nel 2013, i governi Monti e Letta hanno autorizzato esportazioni per 709 milioni e consegnato sistemi militari 888 milioni proprio in Medio Oriente.


Tornando alle esercitazioni in Sardegna (Vega 2014), sull'isola non stanno con le mani in mano. Una manifestazione contro «l'occupazione militare della Sardegna» è stata organizzata per il prossimo 13 settembre a Capo Frasca da diverse associazioni e movimenti per la fine di tutte le servitù militari, la chiusura di basi e poligoni, la bonifica e la riconversione delle aree coinvolte. Le associazioni, secondo cui la Sardegna ha «l'infamante ruolo di area di servizio della guerra», chiedono che l'isola «sia immediatamente e per sempre interdetta all'aviazione militare israeliana».


Questo articolo è uscito oggi su ilmanifesto



Nessun commento: