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martedì 9 dicembre 2014

I nostri migliori alleati


In questa foto pubblicata sul GulfNews (credit: Wam) da dx verso sinistra:
 His Highness Shaikh Mohammad Bin Rashid Al Maktoum, premier Uae
 e sovrano  di Dubai,  King Hamad Bin Eisa Al Khalifa (Bahrain);
  Salman Bin  Abdul Aziz,  (Arabia saudita); Shaikh Sabah Al Ahmad
Al Sabha,  Emiro del Kuwait;  Fahd Bin Mahmoud Al Said, vicepremier
 dell'Oman; Shaikh Tamim Bin Hamad Al Thani, Emiro del Qatar.
 Al summit dell'anno scorso in Kuwait


Eccoli qui schierati a Doha in nostri principali alleati nelle politiche energetiche e nella guerra la terrore. Peccato che siano proprio loro all'origine dei nostri problemi: non tanto energetici (visto che semmai ora il problema è la super produzione statunitense) ma politico militari: nella guerra al terrore una parte ce l'hanno e non perché hanno poi aderito alla nuova coalizione di volenterosi che combatte Daesh, lo Stato islamico che vuole il califfato e che ci spaventa da quando ha iniziato a tagliare teste a fotografi e umanitari occidentali dopo aver decapitato centinaia di iracheni e siriani.

Fino a questa estate i mostri dell'Is (o Isil) sono cresciuti in apparente sordina grazie alle donazioni private arrivate proprio dai Paesi del Golfo anche se Arabia saudita e altri partner hanno negato ogni addebito. Ora i membri delle famiglie reali, gli emiri e i principi del Golfo si sono ritrovati a Doha (Qatar) al summit del Gulf Cooperation Council (GCC), il consiglio sovranazionale che li riunisce e lo stesso che decise nel 2011 l'invasione del Bahrein, minacciato dalla sovversione di piazza a sfondo sciita. Per diversi mesi c'è stata una lunga impasse politica con Arabia Saudita, Bahrein e Uae schierati contro il Qatar (Kuwait e Oman son rimasti più o meno neutrali) per il suo sostegno ai Fratelli musulmani, da Riad accusati di essere un gruppo terrorista. Ma le divergenze politiche sulla Fratellanza non hanno impedito che i nostri si accordassero adesso su due dossier che li preoccupano molto, anzi tre: Daesh, le sollevazioni nello Yemen (anche lì ci sono sciiti che protestano) e Iran, la bestia nera del Golfo. Il problema numero uno.


In agenda c'è il rafforzamento del GCC-POL, agenzia con base negli Emirati arabi uniti per dividere le informazioni di intelligence e infine la formazione di un comando unificato a Riad, in grado di dettare una linea di politica militare e di difesa comuni. Il nemico del resto, più ancora di Daesh è l'Iran, il Paese che ha deviato dalle sacre scritture sunnite, le cui minoranze nei vari Paesi mettono in crisi queste teocrazie retrive e conservatrici dove i diritti umani sono un optional e quelli delle donne un tabù. Quanto alla Fratellanza, il generale presidente Sisi li sta sistemando per benino e altrove hanno perso appel in favore dei meglio equipaggiati uomini di al Nusra o dell'Isil, formazioni che sono nate con fondi sotterranei che hanno permesso la loro rapida evoluzione militare. Fino a quando non sono diventati un pericolo per gli stessi alchimisti che li avevano allevati.

Per questi gentiluomini riuniti a Doha – summit che è già stato definito un successo - di cui è nota l'arroganza e il candore delle vesti sfumate di fili d'oro, la grande preoccupazione deve essere che prima o dopo americani ed europei si accordino con Teheran per combattere Daesh. Questo è per i principati del Golfo e la corona saudita il dossier più scottante e pericoloso. Meglio mille Daesh – fino a che il terreno di scontro resta Siria e Irak – che l'uscita dal ghetto dei paria di Teheran. Una capitale che in loro risveglia il terrore di un ritorno della Persia di Dario, di una civiltà raffinata e colta che governava metà del mondo mentre nei principati le pecore pascolavano attorno alle tende dei beduini seduti, ma allora non si sapeva, sui più gradi giacimenti di greggio del pianeta.

L'unità ritrovata è per il Golfo una bella notizia. Meno per noi che ancora coltiviamo i Saud come una benmerita monarchia un po' arretrata ma tutto sommato presentabile nelle cene dove non si serve vino salvo passare nella stanza accanto a tracannare superalcolici. E che rimpinziamo di armi di ogni tipo, continuando a considerare questa genia il nostro miglior alleato nel mondo arabo islamico.

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