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domenica 7 febbraio 2016

Ricordare Mario ma non dimenticare il manifesto

Ieri sono stato a un evento organizzato a Milano alla Triennale in onore di Mario Dondero, fotografo speciale ma soprattutto amico. Mi sono ovviamente commosso, sia quando la figlia maggiore Maddalena ha letto un suo bellissimo ricordo di papà, sia quando altri - come Francesco Cito, Angelo Ferracuti e Antonio Ria - hanno fatto fatica a finire i loro discorsi perché il nodo si era troppo stretto in gola. Bella serata, bravi gli organizzatori, belle le parole e le immagini (le proiezioni  di  Comunisti  di Anders Ehnmark, gli estratti da Calma e gesso dell'ottimo  Marco Cruciani e un inedito "famigliare" di Giacomo Bretzel) e bello soprattutto il discorso di Uliano Lucas: Uliano ha ricordato una cosa. Che Mario, e con lui  molti alti fotografi come lui stesso, non erano amati dai giornali italiani se non per rare eccezioni, espressione di una borghesia illuminata (vedi L'Espresso) o della  sinistra. Ora - aggiungo io - tutti celebrano Dondero - grande maestro, fulgido esempio -  ma quando si trattava di pubblicare le sue foto quanti lo hanno fatto? Adesso è facile. Ma prima - come ci ricordava Uliano - chi se lo filava quando era in vita?


Pietro Cheli, che al Diario della settimana di Deaglio era un pilastro della redazione, ha ricordato che quel settimanale pubblicava Mario "perché al Diario potevamo fare quel che ci pareva". Aggiungo io che Diario scelse Mario proprio  per quel suo modo di fotografare che nella grande stampa italiana non trovava che spazi saltuari. In mezzo a tutto questo parlare di giornali, fotografia, editoria e tutto il resto, non ho però sentito una sola volta nominare la parola "il manifesto". Forse mi è sfuggito e senz'altro Uliano l'ha sottinteso ma mi sono un po' stupito che a Milano non ci fosse nessuno a rappresentare il "giornale di Via Tomacelli" (ora Via Bargoni), anche se molti dei presenti ci hanno collaborato e ancora lo fanno. Mi sarebbe piaciuto però che a ricordare Mario ci fosse qualcuno interno al giornale. Chissà forse lo hanno invitato e non poteva. O forse il manifesto è stato dimenticato.

Mario certo non lo aveva dimenticato (Mario ed io ci conoscemmo proprio in Via Tomacelli e l'amicizia volò rapida proprio perché avevamo due collaborazioni in comune: il quotidiano e Diario). Tanto non lo aveva dimenticato che regalò delle sue fotografie in una memorabile (avrebbe detto lui) asta di immagini che si svolse a Roma in un bar di Campo dei fiori per sostenere il giornale. Negli ultimi anni della sua vita furono pochi i quotidiani e magazine  che pubblicarono sue foto: Il Diario, Il manifesto e il Venerdi di Repubblica con poche altre eccezioni (Vanity Fair ad esempio). Vorrei anzi ricordare che il 9 marzo del 2013 proprio Mario ed io scrivemmo a quattro mani  per  il manifesto su quella Torre di controllo del porto di Genova che era appena stata distrutta e disgregata dalla poppa di una nave impazzita. Lo stavo accompagnando per un lavoro sul porto cui partecipavo anch'io, seguendo Mario e la sua enorme capacità di racconto di una realtà tanto complessa. Decidemmo di scrivere quel ricordo e per quale giornale? C'è da chiederlo? Il manifesto. Mi piacerebbe dunque che alla prossima occasione non ci si dimenticasse di un giornale che per Mario era una scelta precisa così come per il  giornale QUEL fotoreporter e i suoi scatti erano una scelta precisa. Non dimenticare il manifesto.

Succede spesso invece a questo giornale (Mario lo definì una "scuola di giornalismo") che è sempre un po' scomodo e che, in questi giorni, è addirittura sotto tiro per la vicenda di Giulio Regeni con accuse di sciacallaggio che proprio non capisco. Da tanti anni collaboro con il manifesto e mi sento di difenderlo anche questa volta (non sarà la prima né l'ultima). Sia con l'esperienza di Lettera22 sia come collaboratore singolo, ho sempre avuto rapporti ottimi e corretti con la redazione (e l'amministrazione), dal centralino al direttore: mi stupirebbe un'eccezione nel caso di Giulio. Si possono avere opinioni diverse sul giornale e ci mancherebbe se qualche volta non sbagliasse il tiro: ma il suo obiettivo non è vendere più copie sulla pelle degli altri - non è  il suo stile a differenza di altri - anche se un quotidiano ha il  dovere di pubblicare notizie che purtroppo parlano della morte. La morte di Giulio è un fatto molto doloroso. A  maggior ragione è il caso adesso di concentrarsi sulle responsabilità di chi lo ha prima torturato e  poi ucciso.


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