Daesh o no? Non possiamo saperlo per ora |
Il quadro resta confuso, almeno nelle attribuzioni delle sigle. Daesh o no? Certo, ai famigliari delle vittime non deve comprensibilmente importare un granché, ma c’è un aspetto rilevante che non ha solo a che vedere con i diritti che vanno riconosciuti anche agli assassini e che è difficile riconoscere loro una volta morti. Il governo reagisce sempre come se Daesh non esistesse anche se ha rivendicato l'attentato a diversi stranieri, come nel caso degli italiani Cesare Tavella e Piero Parolari, quest’ultimo salvatosi per miracolo. Per il governo laico della premier Sheikh Hasina, la responsabilità è sempre di gruppi locali e non di una branca in Bangladesh del progetto dell’Uomo nero in turbante. Del resto coi gruppi islamisti (alcuni dei quali – come Jmb - fuorilegge) il governo ha scelto il pugno di ferro da tempo e molto spesso i militanti finiscono giustiziati senza che possano poi essere interrogati. Diversi attivisti di Jmb sono stati uccisi in scontri a fuoco con le forze dell’ordine e sei dei suoi leader sono stati impiccati nel 2007 dopo che l’organizzazione aveva messo a punto, nel 2005, l’esplosione in un solo giorno di 500 ordigni (da allora è stata messa fuori legge). In questo Paese violento, violento anche sul piano del riconoscimento dei diritti, si alterna il pugno di ferro alla tolleranza necessaria a far convivere oltre 150 milioni di persone che sopravvivono su un Paese grande la metà dell’Italia e che sono in larghissima maggioranza di fede musulmana (e poveri). E’ una storia difficile, complicata dal retaggio coloniale (e dalla guerra che divise l’allora Pakistan orientale – oggi Bangladesh – dal Pakistan) e di cui si fa fatica a venire a capo. A cominciare dall’attentato al bar: messo in atto da ragazzi che, in molti casi venivano da buone famiglie o, come Tamin, dalla diaspora ricca in Occidente. E’ che a volte, studiare apre il cervello e gli occhi anche sulle ingiustizie del proprio Paese e questo può portare a scelte radicali, specie se il retroterra culturale è un patrimonio di violenze. Ma Tamin non potrà raccontarcelo. Né dirci di Daesh o se davvero era stato lui a progettare l’attentato.
Il governo e la polizia registrano una vittoria. Noi forse ne sappiamo meno di prima.
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