Quante qualità di caffè esistono in Vietnam, uno dei luoghi del mondo dove si produce una miscela dall’aroma intenso e spesso con un retrogusto al cioccolato? C’è quello classico con Arabica e Robusta, o un’antica ricetta di Hoi An, nel Vietnam centrale, che mette assieme Arabica e Bourbon prodotti sulle colline di Dalat. Non è difficile trovarlo di qualità, organico non è invece sempre facilissimo. Ancor meno berlo sapendo che è legato a un progetto che coniuga l’impresa sociale, l’agricoltura biologica e la difesa dei diritti di chi ha una disabilità. Lo abbiamo bevuto a Hoi An, a qualche ora da Huè, l'antica capitale, dopo aver varcato il Col de Nuages, un picco sul mare avvolto da nuvole che sembrano perenni e che divide geograficamente il Nord dal Sud Vietnam.
Hoi An, una delle più belle città vietnamite, si trova sotto Da Nang, a Sud della provincia di Thua
Thien-Hue, che nel 2017 ha ospitato 3,8 milioni di turisti quasi la metà dei quali stranieri. Hoi An è una meta classica dopo la Cittadella di Hue ma può anche essere un posto che vi dà sui nervi. Considerata un piccolo capolavoro di architettura sincretica tra influssi cinesi, giapponesi e coloniali, la città vecchia è una sorta di museo a cielo aperto: un centro storico perfettamente ristrutturato ma così leccato che può rischiare di apparirvi senz’anima. La sera, quando col buio si accendono migliaia di lampioncini di carta e aprono i battenti di raffinatissimi ristoranti di cucina locale, se non fosse per la presenza di cinesi e giapponesi, potreste avere la sensazione di essere a Berlino dentro la quinta di una piece “orientalista” che riproduce un’antica città vietnamita, dove però di vietnamita ci son solo camerieri, cuochi e impiegati di negozi che vendono esclusivamente manufatti per turisti. Persino le antiche magioni della classe alta sono ora dei musei per cui si paga l’ingresso e nel quale vi accoglie una svogliatissima guida che, facendovi visitare i piani alti, vi conduce inesorabilmente in un’ala adibita a negozio: pipe da oppio, tessuti pregiati, lampade, souvenir per ogni tasca.
Come tutti i piccoli capolavori urbani, Hoi An resta sospesa tra il grande benessere che il turismo ha fatto lievitare - e grazie al quale è un piccolo gioiello - e il rischio della cosiddetta nausea del viaggiatore, che si ritrova fianco a fianco di tedeschi, spagnoli, russi, cinesi in un’atmosfera artefatta dove impazzano selfie e ricerche smodate di qualche anticaglia rifatta o di giacche a vento tecniche trendy che costano un sesto. Ma come ovunque ci sono anche delle piccole perle che a volte si scoprono per caso. In una delle vie principali dedicate allo sciame turistico una graziosissima sala da tè invita il visitatore di passaggio. Colpisce il silenzio che circonda i tavoli e il piccolo giardino affacciato sul retro. Sul tavolo, minute tavolette di legno con delle scritte: zucchero, latte, ghiaccio… e persino grazie. Il fatto è che la Casa da te Hoa Nhap (inclusione) è un luogo dove siete serviti da sordomuti. Dovete chiedere dal menù indicando la scelta e mostrando le tavolette se desiderato lo zucchero o il conto.
I fondatori, Len Nghuyen Binh e sua moglie Mai Thi Kim Quyen, idearono l’attività 18 anni fa. Binh ha una storia di disabilità e voleva fare in modo che altri, come lui, potessero superarla lavorando. Ora ci sono due locali hoa nhap (Reaching Out in inglese): la Casa da tè e un atelier di manufatti artistici (Quyen è infatti figlia di un gioielliere). Ci lavorano solo persone con disabilità in uno staff che ormai conta oltre una settantina di persone - donne e uomini - che credono sia nei diritti, sia nel fair trade e nel rispetto dell’ambiente e della tradizione. Certo, una tazza di caffè qui costa il doppio che altrove. Ma è una delle poche volte che sentirsi un turista fatto e finito dà una certa soddisfazione.
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