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giovedì 28 febbraio 2019

Doha. Il negoziato procede ma senza una tregua

Nel quinto round negoziale a Doha tra talebani e americani non è stato ancora il cessate il fuoco
l’argomento principale della discussione. Le due delegazioni hanno scelto di approfondire i due argomenti principali già emersi alla fine dello scorso incontro di Doha: ritiro delle truppe e garanzie che l’Afghanistan non diventerà la retrovia permanente di gruppi terroristici. Infine questa volta, la presenza autorevole di mullah Baradar al negoziato – considerato un uomo flessibile e influente – è ritenuto da molti un ulteriore segnale positivo. Khalilzad, il negoziatore americano, ha definito i tre giorni di colloquio “produttivi”. Ci sono dunque diversi elementi che segnalano che i colloqui di pace proseguono e proseguiranno alimentando molte speranze. Ma, per ora, deludendone altre.

A Kabul infatti le cose non vanno affatto bene. E per più di un motivo. Il primo è che dal tavolo negoziale, il governo di Kabul – e con lui chi lo ha votato – resta escluso e resta in un limbo denso di incognite che lo indebolisce costantemente e che alimenta tensioni interne, critiche e il rafforzamento delle fazioni. Il secondo riguarda il tentativo del governo di cercare una legittimazione attraverso la Loya Jirga, l’antico sistema di autogoverno dell’Afghanistan. Ma ormai – spogliata del suo antico e originario dettato – la Jirga è solo consultiva ed è diventata il bersaglio di chi, non a torto, la considera solo un maldestro tentativo del governo di Ashraf Ghani e Abdullah Abdullah per rafforzare una posizione sempre più debole... segue su atlanteguerre

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