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giovedì 29 agosto 2019

Kalimantan: la nuova capitale sarà qui

L'ultimo indice di qualità dell'aria pubblicato dall'Energy Policy Institute dell’Università di Chicago (Epic) spiega che chi abita a Giacarta potrebbe vedersi ridurre di oltre due anni la sua aspettativa di vita se i livelli di inquinamento non scenderanno da quelli attuali. Un peggioramento degli ultimi vent’anni che corrisponde a un aumento dei livelli di crescita economica e a un’esponenziale allargamento dell’area urbana di una capitale che occupa una superficie di oltre 6.300 kmq. Al censimento del 2010 a Giacarta vivevano 9 milioni di persone ma la “Greater Jakarta” arriva ad almeno 30 che saranno quasi 36 entro il 2030. Se già adesso è il più grande agglomerato urbano del mondo dopo Tokio, nel 2030 potrebbe diventare la più grande megalopoli del pianeta. Una megalopoli che affonda lentamente: si stima che circa il 40% della città sia già ora al di sotto del livello del mare in un’area costiera soggetta a inondazioni, alla minaccia dell’innalzamento dei mari e al drenaggio selvaggio di acqua potabile che ne svuota le falde.

Joko Widodo, detto Jokowi, il giovane presidente indonesiano al suo secondo mandato, non ha aspettato i dati dell’Università di Chicago sull’aria né le proiezioni dei demografi sulla crescita della capitale. Quando si candidò per il primo mandato nel 2014, tra le tante promesse – riforme e lotta alla corruzione – c’era anche il traffico caotico di Giacarta. Un video in cui attraversava la città vessata dalle code chilometriche divenne virale sul web aumentando la sua popolarità nella capitale. Per mantenere la promessa, Jokowi ha pensato così di fondarne una nuova: abbandonare Giacarta e trasferire la sede diplomatico-amministrativa addirittura nel Kalimantan, il Borneo indonesiano. Lontano da Giava, l’isola più popolosa dell’arcipelago, per sfuggire forse, oltre al traffico e all’inquinamento, anche alla cattiva fama di una città vissuta da molti indonesiani più come l’espressione del potere dei giavanesi che non come sintesi del variegato pianeta della tanah air kita, la “nostra terra d’acqua”, come gli indonesiani chiamano il loro impero insulare di 17 mila isole abitate da 270 milioni di persone.

L’idea di Jokowi, che vorrebbe realizzare lo spostamento della capitale entro il 2024, non è nuova. Il presidente ne aveva già parlato a maggio ma in agosto è tornato sull’argomento e il 26 dello stesso mese ha fatto l’annuncio ufficiale sul luogo prescelto. Fa parte, della sua “visione” per i prossimi anni: “Tutti gli aspetti sono stati attentamente studiati – ha detto - in modo che la decisione sia in linea con la nostra visione nazionale per i prossimi 10, 50, 100 anni”. Idea folle, futuribile o necessaria? Solo in termini finanziari, gli ingorghi in città produrrebbero una perdita secca annuale di 100 trilioni di rupie (quasi 9 miliardi di euro). Trasformare la capitale in un sito solo amministrativo, sul modello di Washington o Brasilia, vorrebbe dire anche disegnare una nuova smart city tra l’altro lontana dagli epicentri sismici o dal rischio di inondazioni. Nella prima fase, la nuova capitale dovrebbe ospitare 1,5 milioni di residenti, tra cui circa 200mila funzionari statali e 25.000 agenti di polizia e militari. Il costo previsto per avviare l’operazione viene valutato in circa 30 miliardi di euro (in tre anni dunque si ripagherebbe), una cifra che il governo potrebbe ottenere alienando beni nella vecchia capitale. La sfida però è notevole.

La scelta definitiva del posto doveva essere annunciata a fine del 2019 ma Jokowi ha preferito giocare d’anticipo, d’accordo con il suo ministro della pianificazione dello sviluppo nazionale Bambang Brodjonegoro, che lavora da mesi con un team dell'Agenzia nazionale per la pianificazione dello sviluppo (Bappenas). Jokowi ha annunciato che il luogo prescelto a Kalimantan è Bukit Soeharto, un’area forestale che copre circa 300mila ettari di foresta nelle due regioni di Panajam Paser Utara e Kutai Kertanegara. La nuova capitale sarebbe così vicino al mare e in una località a metà strada tra la ricca città petrolifera di Balikpapan e Samarinda, altro grande centro del Borneo. Le due città, dotate di aeroporto, sarebbero a meno di un’ora di macchina e sono collegate da un'autostrada. Il governo possiede due terzi dell’area forestale ed è qui che nascerà la nuova “Ibukota” la nuova capitale. Ha un solo difetto… nasce in un posto che si chiama “Collina Suharto”, un nome – quello del vecchio dittatore – che non porta molto bene. Ma non è l’unico neo.

Gli ambientalisti hanno cominciato ad avanzare qualche riserva sull’ennesima ferita nel secondo polmone verde del pianeta. Bukit Soeharto infatti è dal 2007 un’area forestale protetta, considerata un sito di conservazione. La nascita di una nuova città segnerebbe un punto di non ritorno. I dubbi non si fermano agli ambientalisti. Le città ideali - sogno di amministratori e urbanisti - sono spesso un fallimento. L’ultimo in ordine di tempo è Naypyidaw, in Myanmar, dal 2005 nuovo centro del potere birmano. Le cronache però dicono che chi ci dovrebbe vivere ci resta il meno possibile e appena può torna a Yangoon la vecchia capitale. Così che le sue spaziose strade centrali fanno sembrare il nuovo centro una città fantasma. Un posto da toccata e fuga.

Questo articolo è uscito stamane su il manifesto

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