“Alle 8 del mattino, l'attività di Taal è stata generalmente caratterizzata da deboli emissioni di pennacchi carichi di vapore a 800 metri di altezza dal cratere principale che si sono poi spostati verso sud-ovest. Un totale di cinque esplosioni deboli sono state registrate dalla Taal Volcano Network”. Inizia così il bollettino serale che venerdi pomeriggio è stato postato dai funzionari del Phivolcs, il centro nazionale di vulcanologia e sismologia delle Filippine che monitora costantemente l’attività di un vulcano secondo per potenza e pericolosità nel Paese. Circondato da un lago di 15 chilometri per venti situato sull'isola di Luzon nella provincia di Batangas, la gente ha costruito sin sulle sue pendici. Taal ha registrato in passato oltre 30 eruzioni di cui alcune accompagnate da vere e proprie stragi. Questa gemma spinosa del cosiddetto “Anello di fuoco del Pacifico”, che già nel 2019 aveva dato segnali, ha cominciato domenica scorsa a sputare fuoco facendo salire l’allerta a livello 4. Poi è tornata una relativa calma e la temuta mega eruzione non è avvenuta ma il pericolo non è passato.
La rete sismica filippina ha tracciato un totale di ben 653 terremoti vulcanici dalle ore 13 del 12 gennaio, quando Taal si è risvegliato. 174 delle quali con intensità preoccupanti. Anche ieri dunque, tra le 5 del mattino e le 16, sono stati tracciati nuovi mini terremoti che significano “intrusione magmatica continua sotto il Taal – dicono gli esperti - che potrebbe portare a un'ulteriore attività eruttiva” tanto che il livello di allarme 4 rimane attivo: livello 4 vuol dire che un'eruzione esplosiva pericolosa è possibile entro pochi giorni o addirittura entro poche ore. Ceneri aerodisperse e frammenti esplosi dalla colonna di eruzione restano intanto un pericolo per la salute mentre i ricercatori mettono in guardia dalle apparenti pause di attività. Potrebbero essere solo una tregua non il segno che Taal si è riaddormentato.
(segue con aggiornamenti su atlanteguerre)
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