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martedì 2 marzo 2021

Numeri e magia dietro il golpe birmano


Del valore del numero 22222 (5-2) in Myanmar abbiamo già parlato quando il 22 febbraio è stato proclamato lo sciopero generale. La numerologia è un’arte diffusa in Asia e ne abbiamo un labile riflesso anche nella nostra cultura. Ma in Myanmar – e in Asia in generale - i numeri hanno più senso che da noi. Ed è cosi anche per il Tatmadaw, l’esercito in capo al golpe birmano del 1 febbraio. Per capirne di più, in questi casi, bisogna chiedere consiglio a chi vive nel paese e ne conosce in profondità le diverse sfaccettature culturali. Chiediamo al nostro ospite quanto contino le pratiche magiche e i consigli degli indovini, il che non è solo un caso birmano: il dittatore indonesiano Suharto per esempio, non muoveva un passo senza il suo maestro, il cui riferimento erano le correnti  spirituali del Kejawen, una sorta di reinterpretazione religiosa mista alla luce della cultura di Giava, della “giavanesità”. Ne parliamo a patto che la conversazione rimanga del tutto anonima come la situazione in Myanmar richiede.

“Il 25 febbraio, il giovedi prima della domenica di sangue del 28, comincia  un vero e proprio crackdown nella township di Tamwe, nel cuore di Yangon. E’ sproporzionato per l’uso della forza ma c'è un motivo: è il luogo di residenza dell’ormai ex presidente  Win Myint. Colpire la sua comunità vuol dire colpire lui”. C'è un disegno, spiega la fonte, “qualcosa che per un occidentale è  difficile capire perché viaggia al di fuori della logica scientifica e ruota attorno a un pensiero magico, specialmente per il Tatmadaw che ha una “sua” religione. I militari non si rifanno propriamente al buddismo theravada (la scuola più antica e diffusa che deriva dagli insegnamenti del Budda e che arriva nell’area tra il V e il VI secolo ndr) ma al buddismo ari, legato ai culti animisti e a quello dei Nat (nella religione popolare birmana, spiriti oggetto di un culto diffuso probabilmente pre-buddista ndr)”. 

Il monaco e il generale

I riferimenti territoriali di questo culto stanno nel Monte Popa, accanto all’ex capitale Pagan (Bagan) e sul lago Inle nello Shan: quanto al buddismo ari, per sintetizzare, si tratta di una pratica religiosa comune in questa fetta di mondo  prima dell'ascesa di Anawrahta Minsaw (1014 – 1077) - il fondatore dell’impero di Pagan – e quindi della conversione dell’area al buddismo theravada nell'undicesimo secolo. Forse introdotto già nel VII secolo, il buddismo ari si alimenta di diverse correnti di pensiero (tantrismo, influenze cinesi, culti indigeni). Una delle sue forme pratico-rituali più importanti (tra cui il riferimento alla numerologia) sono le yadaya,  rituali magici che servono a neutralizzare o prevenire la malasorte. E qui torniamo a  Tatmadaw.
Min Aung Hlaing, il generale a capo del Consiglio amministrativo di Stato (Sac), ossia della giunta golpista, “è molto legato – continua la fonte - a Kovida, un monaco di categoria Wa Zi Pauk, quelli più “santi”, ossia che fanno  voto di non parlare – il che non è esattamente il suo caso – per evitare di commettere peccati”. Starebbe a Kovida aver spinto Hlaing a iniziare prima la repressione nelle città che iniziano con la M (Mandalay per esempio) e poi a Tamwe, residenza di  Win Myant. 

Colpire la testa

“L’idea magica è che abbattendo la sua comunità ciò sarebbe stato ben augurale per la prova di forza a seguire. Ma non è l’unico ad esempio: giorni fa c'è stata, tra le prime esecuzioni, quella di un uomo che faceva pacificamente la ronda nel suo quartiere (pratica diffusa per difendersi da infiltrati provocatori ndr). E’ stato ucciso a sangue freddo con tre colpi alla testa: sia il numero 3, sia colpire alla testa (come poi avvenuto di regola il 28 febbraio ndr) ha un significato: il 3 come  numero chiave in numerologia e colpire al capo perché significa colpire la testa del movimento”. Tutto viene deciso con pratiche come le yadaya, una delle quali sarebbe avvenuta attorno al 10 febbraio nella pagoda Phaung Daw, uno dei siti buddisti più famosi del Myanmar, sulle rive del lago Inle. E’ nota per alcune reliquie sacre e nella yadaya cui avrebbe partecipato Hlaing, sarebbero state coperte da un cupola di vetro, con il senso preciso di contenere, isolare la protesta. Poi il generale avrebbe camminato su piastrelle di fresca posa: un modo per consentirgli di calpestare la protesta. “Kovida – conclude la fonte - sta al centro di tutto ciò che accade. A un occidentale tutte queste possono sembrare solo curiosità antropologiche  ma non è cosi perché  le varie forze che spingono verso un dialogo devono tenere a mente una logica non scientifica ma che si basa su un pensiero magico particolare, il che spiega anche perché è sempre stato difficile giungere a compromessi col Tatmadaw”.

Nella foto, il generale Min Aung Hlaing col monaco Kovida

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