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sabato 10 gennaio 2009

SBERLE DA MARCIAPIEDE


A volte si impara di più passeggiando per strada che studiando sui libri. Non che questo non serva, anzi. Proprio ieri ho conosciuto l'autore di The Mirage of Peace (il titolo mi pare dica tutto), un libro da leggere e che forse andrebbe tradotto in italiano per il solo fatto che Jolyon Leslie vive a Kabul – dov'è stato il rappresentante residente dell'Onu - dal 1989. E ha una visione delle cose un po' più complessa di quella che va per la maggiore. Comunque.
Passeggiavo nella zona di Sharenaw, dove abito, quando vedo un gruppetto di ragazzi, sui 20-25, davanti a una sorta di locale. Pomeriggio. Tra loro ci sono due ragazze, con il velo ma insomma diciamo “moderne”, per intenderci. Gli animi sono un po' caldi per qualche motivo, sinché una delle due fanciulle non parte in quarta e ammolla una pappina, come si dice dalle mie parti, sulla guancia di un ragazzone. Una sventola, schiaffo, sberla che gli fa rosso il faccione. Mi aspetto una dura reazione ma invece no, li dividono e via, insomma, una scena di emancipazione femminile – beh, avrà avuto le sue ragioni – come se ne vedono ovunque...Storie da marciapiede. Luogo pubblico per eccellenza. O no?
Già, marciapiede. A Kabul son abbastanza rari nelle strade sterrate che son la maggior parte qui in città, anche in pieno centro. Allora succede che, per evitare la fanghiglia, ognuno si costruisce il suo. Beh, non proprio tutti, diciamo per queste case di nuovi ricchi in stile misto (dupakpersoame*: Dubai/Pakistan/persiano/americano), con sbarluccichio di specchietti marmi e cementi sbalzati, colonne doriche e compagnia cantando. Finiscono così per fare un servizio pubblico? E no invece: il marciapiede è inteso come privato, tant'è che ci mettono i generatori che se no in casa sporcano. Il fumo e il rumore lo buttano nello spazio pubblico e occupano una buona parte dell'area che servirebbe a camminare su quel tratto di cemento per non sporcarsi le scarpe.
Jolyon, che è un architetto, mi ha detto che nella tradizione afgana, con le debite eccezioni, le case non avevano mai un aspetto ostentato. Magari eri ricco e con una bella magione, ma allora era protetta da un muro e non tanto/solo per non farsi guardare dentro. Per non ostentare, dice lui. Perché un buon musulmano non ostenta. Ma i tempi sono cambiati, ora si ostenta questa nuova ricchezza che sa di oppio, corruzione, soldi pubblici passati in mani private, traffico di armi.
I marciapiedi di Kabul.

Nella foto una dupakpersoame villa. Quella del generalissimo Dostum, al momento in esilio in Turchia

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