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venerdì 23 settembre 2011

SE CAINO SI CHIAMA TROY

Troy Davis, 42 anni, nero, forse innocente,
è stato giustiziato in Georgia. Accusato
di aver ucciso nel 1989 un poliziotto
bianco, è solo l’ultimo testimone di una barbarie
che un Paese civile continua a tenere in
piedi.

A favore della sospensione della pena si erano
espressi in tanti e non solo all’estero: dall’ex
presidente Jimmy Carter all’ex direttore del Fbi
William Sessions, oltre a una quarantina di parlamentari
del Congresso degli Stati Uniti. Amnesty
ha combattuto una dura battaglia per salvarlo
e il New York Times ne ha scritto come
di un “ errore spaventoso alla luce di ciò che
si è appreso negli ultimi anni sul processo”.
Facciamo nostre le parole di Sergio d’Elia, segretario
di Nessuno tocchi Caino, per il quale
Troy, giustiziato numero 1269 da quando
gli Usa hanno ripreso le esecuzioni nel 1977,
rappresenta «l’ultima esecuzione di un innocente
negli Stati uniti che si considerano
esempio di democrazia ma utilizzano gli
stessi metodi di Cina, Arabia Saudita e Corea
del Nord, gli Stati canaglia».

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