L'unica vera novità della Conferenza sull'Afghanistan – iniziata e conclusa ieri in Germania - è stata l'assenza del Pakistan al vertice nel quale 17 organismi internazionali, mille delegati e un centinaio di Paesi, a diverso titolo impegnati da dieci anni nel più longevo conflitto moderno del pianeta, dovevano fare il punto a un decennio dalla conferenza che, sempre in Germania, diede il via al nuovo Afghanistan di Hamid Karzai.
Due lustri dopo, a Bonn, il copione si è in parte ripetuto: Karzai è ancora presidente, i talebani invece – oggi come allora – non c'erano e molto, se non tutto, resta ancora da fare, compreso il costo di una ricostruzione per cui servono, per il prossimo decennio, qualcosa come 50 miliardi di dollari. Molti, forse troppi per una comunità internazionale stanca di questa guerra (solo quest'anno la Nato ha perso in Afghanistan 500 uomini) e che vorrebbe staccare la spina.
La presenza dei soli ministri degli Esteri (una sessantina) alla conferenza la dice lunga sulla riuscita di “Bonn2”. Rispetto alle aspettative (i tedeschi speravano di portare al tavolo anche i talebani) il summit è dunque per molti aspetti un flop annunciato, soprattutto se si sperava aprisse una nuova fase nel negoziato che tutti da oltre un anno evocano con passione ma che ancora non c'è. E, se qualcuno ancora nutrisse dei dubbi, Bonn ha dimostrato come l'Afghanistan resti ancora la piccola pedina di un Grande gioco che si fa a casa d'altri, come ha dimostrato l'assenza del Pakistan: una ritorsione anti americana dopo l'ultimo raid Usa in territorio pachistano, con conseguente blocco della logistica che, attraverso il Paese dei puri, rifornisce quotidianamente i 140mila soldati ancora presenti in Afghanistan. Quanti ne resteranno e per quanto tempo?
Formalmente nel 2012 il ritiro, già iniziato quest'anno, accelererà sino al 2014, anche se i soldati stellestrisce rimarranno a tempo indeterminato con basi e istruttori. Il presidente Karzai ha fatto appello alla comunità internazionale affinché aiuti l'Afghanistan sino al 2024, ossia per «altri dieci anni» dopo il 2014, quando si concluderà il previsto processo di “transizione”. Karzai, che ha anche confermato l'impegno di Kabul nella lotta alla corruzione e per la riforma delle istituzioni, non ha risparmiato critiche al Pakistan, il grande assente, platealmente accusato di non volere la pace anche in un'intervista a un settimanale tedesco. Quanto al progetto di pace e riconciliazione con i talebani, il piano resta immutato nonostante la recente uccisione del presidente dell'Alto Consiglio per la Pace Burhanuddin Rabbani. Karzai ha anche precisato che comunque «restano immutate le condizioni per il dialogo: rinuncia al terrorismo, abbandono delle armi e rispetto della Costituzione». Quel che non ha detto è a che punto è il progetto fantasma e chi sta conducendo le trattative. Se il suo governo o, come si dice sotto voce, se a trattare sono americani e pachistani.
A fargli da controcanto solo gli iraniani, a Bonn molto presenti. In un momento che la vede protagonista di grandi tensioni con l'Europa, Teheran ha fatto sapere – per bocca del suo ministro degli Esteri Ali Akbar Salehi – che l'Iran si opporrà alla presenza di truppe straniere in Afghanistan dopo il 2014. «Crediamo – ha detto - che qualsiasi iniziativa internazionale o regionale per riportare la pace e la sicurezza in Afghanistan possa avere successo solo senza la presenza di forze militari straniere».Una prospettiva che, vista da Bonn, appare comunque molto lontana.
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