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giovedì 8 dicembre 2011

IL GOVERNO TECNICO E IL POLITICO PER L'AFGHANISTAN

Nel governo “tecnico” di Mario Monti c'è un politico. E che politico. Addirittura un ex ministro del governo Berlusconi, che ha avuto in mano dossier importanti. Come quello delle telecomunicazioni, per dire del più controverso. Si chiama Paolo Romani e per un anno è stato a capo del ministero per lo Sviluppo economico dopo esserne diventato viceministro e prim'ancora sottosegretario. A richiamarlo al dicastero da cui era appena uscito dalla porta principale è stato Corrado Passera, l'attuale titolare della sede di Via Veneto. Ma senza suonare fanfare. Uscito dalla porta, Romani è rientrato dalla finestra. E con un incarico di tutto rispetto, anche se sul sito del ministero non se ne fa parola: l'ex assessore all'urbanistica a Monza ed ex ministro a Roma è infatti adesso “Rappresentante personale” di Passera per Iraq e Afghanistan, dove Romani sta per recarsi in missione a giorni. In ballo ci sono molti affari.

E' questo il motivo “tecnico” della nomina, come ha spiegato in una lettera a un collega ministro lo stesso Passera il 30 novembre scorso, fugando il possibile dubbio che potesse trattarsi di una semplice per quanto bizzarra omonimia: la presenza di Romani in Afghanistan si deve infatti al suo pregresso attivismo nell'area e «al rilevante interesse che questi due Paesi rivestono per le imprese italiane» che già operano o stanno per operare nella mezzaluna fertile o sotto le montagne dell'Hindukush. «Rafforzato dal fatto – aggiunge Passera nella nota – dalle missioni che lo stesso on. Romani vi ha tenuto durante il proprio mandato quale ministro per lo Sviluppo economico».

Che Romani la sappia lunga in fatto di Afghanistan è fuor di dubbio, come ha spiegato per filo e per segno a “Il Giornale” appena il 28 luglio scorso: l'Italia è in corsa per «...il nuovo aeroporto civile di Herat, la strada verso Chesti Sharif e quella che bypasserà il capoluogo per rendere più scorrevole il traffico dei camion provenienti dall'Iran...» e per realizzare, sempre a Herat, «la piattaforma logistica per collegare aeroporto a polo industriale e ferrovia da Ovest». Un'impresa che interessa diverse aziende del Belpaese, dall'Eni all'Enel passando per l'agroalimentare e l'industria del marmo. Romani, che nel 2011 ha firmato con i ministeri afgani degli Esteri, dell'Economia e delle Miniere un protocollo di cooperazione in campo economico e industriale, ha anche capeggiato una visita in Afghanistan di una trentina di aziende di energia, logistica e infrastrutture. Oltre al polo di Herat c'è in ballo anche il gasdotto “Tapi”, figlio di un accordo tra Turkmenistan, Afghanistan, Pakistan e India, che passerà nelle aree controllate dai soldati italiani e prevede, lungo il percorso, la costruzione di due centrali termoelettriche che fanno gola a Enel, Eni e Saipem. I lavori inizieranno nel 2012 e dovranno concludersi nel 2014. L'Italia avrebbe messo a disposizione 150 milioni di euro in crediti d'aiuto a Kabul. Un piatto che fa gola.

Del resto, ha spiegato ancora Romani, «L'Afghanistan è una specie di gigantesca miniera non ancora sfruttata». Chi meglio dell'attivissimo ex ministro per sfruttarla nel segno della più totale continuità col passato? Indubbio che conosca bene i dossier (come, presumibilmente, i suoi ex direttori generali o i “tecnici” del ministero), che in Italia sia stato molto criticato per la sua parzialità nei confronti delle aziende dell'ex premier e che sia il volto migliore in Afghanistan per mostrare a Kabul che, a Roma, quando si scrive “tecnico” a volte ci scappa “politico”.

Questo articolo è uscito oggi su il riformista

1 commento:

Anonimo ha detto...

Sono molto grato per le buona analisi, ma, in fondo, la realtà è che 'sti governi sono governi d'affari, più che politici o tecnici - che spingono le proprie aziende e che lo hanno fatto sempre e che lo faranno sempre.
Il problema è quanto poco scrutinio pubblico ci sia per questi grandi affari fatti grazie a risorse pubbliche (leggi: soldati che vanno a farsi ammazzare per l'Eni?).