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Gli osservatori sono concordi nel ritenere che, più che Gilani, la Corte suprema, diretta da un suo acerrimo nemico, il magistrato Iftikhar Muhammad Chaudhry, ce l'abbia con Zardari. Gilani potrebbe cavarsela o diventare l'agnello sacrificale per salvare Zardari. Ma anche aprire la strada all'impeachment del presidente, che dovrebbe poi vedersela con la giustizia svizzera e quella pachistana.
In realtà, come è apparso molto chiaro in questi anni, lo scontro è eminentemente politico. E non è (solo) tra magistrati e governo. L'altro grande attore sulla scena sono i militari: uno degli eserciti più potenti del mondo, non solo in effettivi e armamenti (il Pakistan ha l'atomica) ma anche nel controllo dell'economia, del territorio, in parte dei partiti politici e delle formazioni estremiste religiose. Spesso alleati dei mullah più radicali, i militari pachistani sono più che un'istituzione, un contropotere che, fino ad ora, non ha mai permesso a una legislatura civile di arrivare a fine mandato. Facendo finire la corsa, di solito, con un golpe. Un timore che, nelle ultime settimane, si è nuovamente affacciato sulla scena locale.
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Il rapporto con gli americani è il vero nodo. Anche del dissidio col governo civile: inetto, forse corrotto, senza dubbio non in grado – non solo agli occhi dei militari – di difendere la sovranità del Paese, più volte violata dai droni inviati da Obama per colpire qaedisti e jihadisti nelle montagne delle aree tribali al confine con l'Afghanistan. Nel contempo però gli americani sono anche la garanzia di finanziamenti che in gran parte vanno ai militari. E restano una tutela nel caso gli indiani, i fratelli nemici di sempre, vogliano alzare il livello dello scontro, già costato diversi conflitti ai due Paesi. Infine c'è l'Afghanistan, strettamente collegato e interconnesso con tutto quanto riguarda la sicurezza nazionale del Pakistan. I pachistani, argomenta Ahmed Rashid, l'autore di “Caos Asia”, sono stati tagliati fuori dai negoziati a tre coi talebani: prima i colloqui erano solo tra americani e guerriglia in turbante ma poi l'Amministrazione, messa sotto pressione da Karzai, ha imbarcato anche Kabul. Non Islamabad. Un affronto che né Gilani né Zardari hanno saputo gestire. A ciò va sommato l'operativo che in aprile ha chiuso il capitolo bin Laden e, da ultimo, il raid Nato che, in novembre, ha ucciso per errore 24 soldati pachistani alla frontiera e che ha portato alla chiusura dei passi di Chaman e Kyber attraverso cui passa un terzo dei rifornimenti alle truppe Isaf-Nato in Afghanistan. Passi dove, attualmente, stazionano in attesa di luce verde almeno 700 container bloccati da Islamabad.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso e ha fatto saltare i nervi ai militari, già tesi per il caso Davis (un contractor della Cia che ha ucciso due pachistani nel gennaio del 2011), è stato però il cosiddetto “memogate”. Nell'ottobre scorso viene alla luce un memorandum nel quale il governo civile del Pakistan chiede aiuto a Washington paventando un golpe militare. Il memo è indirizzato all'allora capo di stato maggiore ammiraglio Mike Mullen e sotto accusa finisce l'ambasciatore di Islamabad a Washington. Per i militari è troppo: si fa strada nella loro testa l'ipotesi di alto tradimento.
Da quel momento in poi la tensione tra Washington e Islamabad si sposta nei palazzi della capitale pachistana da cui, per adesso, gli americani devono essere tenuti fuori. E' di qualche giorno fa la decisione di rifiutare la visita dell'inviato speciale americano per l'AfPak, Marc Grossman. Un fatto senza precedenti e che accade proprio mentre Grossman si reca a Kabul e nel Golfo per mettere a punto la possibile apertura di un ufficio politico dei talebani in Qatar. Mossa da cui Islamabad è stata esclusa.
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Non è lui che temono. Semmai l'ex cricketer Imran Khan, a capo di un piccolo partito di opposizione ma dato in testa ai sondaggi. Se Zardari e Gilani escono di scena e – pensano i militari - ci sarà un governo tecnico per indire nuove elezioni, ci sarà anche il tempo per nuove alleanze. Forse anche per aggiustare i giochi con Washington.
Questa analisi è stata publicata su AspeniaOnline
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