Visualizzazioni ultimo mese

Cerca nel blog

Translate

venerdì 22 maggio 2015

E se avesse davvero ragione Seymour Hersh?

Un centinaio di file desecretati dalla Cia e appartenuti a Osama bin Laden che non dicono nulla sul personaggio che già non fosse noto. La ricostruzione di come il film su bin Laden sia stata un'operazione di propaganda della stessa Cia. E infine anche qualche novità sul racconto che Seymour Hersh ha fatto della morte dello sceicco del terrore contraddicendo la versione ufficiale. Il dossier su Osama e il mistero di Abbottabad diventa ogni giorno più confuso e quella che sembra uscirne a pezzi è la verità sulla morte del padre di Al Qaeda. Andiamo con ordine.

Mercoledi la Cia ha rilasciato dai suoi archivi 103 file tradotti in inglese sulla corrispondenza di Osama più una lista di letture di vario tipo. Ne esce un quadro dottrinario scarso (da cui in sostanza emerge che l'unico vero nemico di Al Qaeda è l'America) ma soprattutto un profilo umano: dalle schede per associarsi al qaedismo, al compendio di dottrina islamica fino alle lettere alla moglie (manca solo una collezione di Tex), il bin Laden che ne vien fuori sembra più appagare la cronaca rosa che non i ricercatori  di sostanza. Tutto qui o gli 007 si son tenuti in saccoccia la ciccia lasciandoci con un po' di spazzatura e l'immagine di un vecchio di spalle che guarda la tv il cui corpo è sepolto nell'Oceano?

Quel che lascia sorpresi è poi che la biblioteca attribuita allo sceicco nero sia tutta roba facilmente reperibile in internet o in libreria e soprattutto sia piuttosto datata. Nessun dossier del 2011 (bin Laden è morto a maggio) e poca roba del 2010. O la lista è incompleta oppure Obl aveva smesso di aggiornarsi. Anche le riviste collezionate sono stagionate (c'è giusto un Popular Science – mensile popolare di scienza dal titolo “Best Innovations of the Year Issue” del dicembre 2010). Qualcosa in più si trova nella lista delle produzioni di Think Tank e fondazioni (ma fino a marzo 2010). Visto che non ci sarebbe motivo per non darci conto delle letture recenti, chissà se i film porno – recuperati ad Abbottabad ma non desecretati – non possano rivelarci di più in futuro sul capo dei capi.
L'operazione di trasparenza voluta da Obama e dalla Cia finisce così a renderci più sospettosi che tranquilli e risulta fin troppo evidente che si tratta di una reazione all'articolo di Seymour Hersh che, una decina di giorni fa, ha bollato la ricostruzione ufficiale della morte di bin Laden come una grossa bugia. La Cia ha smentito.

Una grossa bugia appare adesso però anche il film del 2012 sulla caccia a Obl - Zero Dark Thirty - diretto da Kathryn Bigelow e scritto da Mark Boal con l'aiuto molto interessato proprio della Cia, come sostiene un documentario appena uscito. Ci aveva lasciati perplessi alla sua uscita - oltre alla noia mortale del lungometraggio -  ma adesso un po' di puntini sulle i rendono più chiaro il quadro.


Frontline (un sito di video informazione)  ricostruisce più che maliziosamente la genesi del film su bin Laden che, in "Segreti, politica e tortura" diventa qualcosa di molto simile a un'operazione di propaganda della Cia, agenzia abituata a mentire, per giustificare pratiche di tortura. Senza queste come lo avremmo preso Obl, sembra dire il film? Ricostruzione dunque o propaganda?



Non lo avrebbero certo preso con l'aiuto dei pachistani - che nel film di Bigelow non son proprio dei protagonisti messi in buona luce ("Come ha trovato il Pakistan fino ad adesso"? "Direi una merda" risponde la protagonista nei primi 5' minuti del lungometraggio) - sui quali già nel 1998 gli americani esprimevano dubbi: dubbi sul Pakistan e la sua intenzione di collaborare proprio al dossier bin Laden. In dicembre un cablogramma dell'ambasciata Usa a Islamabad spiegava che secondo le loro fonti locali «bin Laden è un problema degli Usa coi talebani, non col Pakistan». E che la sensazione dei diplomatici statunitensi era che il governo di Islamabad «non è disposto a essere particolarmente d'aiuto per quel che riguarda il terrorista Osama». Ma era tanto tempo fa. Torniamo al 2011.

Cablogramma del dicembre 1998.
La segnatura rossa è nostra*
Stando a Seymour Hersh, che sulla morte di bin Laden ha appena scritto la sua tesi sollevando un polverone (anche se c'è chi lo difende, tra cui, in parte, Carlotta Gall del Nyt) sulla London Review of Books, furono proprio i pachistani invece ad aiutare la Cia dopo che un agente “rinnegato” aveva fornito all'agenzia le prove su Abbottabad dove bin Laden viveva una dorata prigionia dal 2006 nelle mani dell'Isi. Altro che caccia al "corriere" dello sceicco: solo una soffiata. Fantasia? Può essere ma adesso c'è una voce in più. Anzi, già c'era: è quella di una blogger, Raelynn Hillhouse, appassionata di spionaggio e che si definisce un'esperta di sicurezza nazionale. In un suo articolo (Hersh Did Not Break Bin Laden Cover Up Story) la signora accusa Seymour (che ha negato di averlo mai letto) di aver copiato un suo vecchio post o comunque di non essere affatto originale. Dal momento che nell'agosto 2011, ossia tre mesi dopo i fatti di Abbottabad, lei aveva già scrittole stesse cose anche se nessuno ci aveva fatto caso. L'importanza di chiamarsi Hersh.

Secondo Hillhouse (a destra nell'immagine tratta dal suo blog) la Casa Bianca aveva costruito una storia falsa sull'operazione; bin Laden era stato scoperto grazie a una soffiata da 25 milioni di dollari;  l'Isi aveva in custodia Osama e i sauditi ne erano al corrente. Gli Usa infine, che poi tradirono le promesse a Islamabad, ricattarono (sugli aiuti militari) Kayani e Pasha (a capo delle forze armate e dell'Isi) per avere  la loro cooperazione per condurre in porto l'operazione coi Navy Seal.

In effetti le similitudini sono parecchie. Ma poiché ci sentiamo di escludere che un uomo dell'autorevolezza di Hersh possa scopiazzare in toto l'articolo di qualcun altro, delle due l'una. O la fonte è la stessa e ha imbrogliato entrambi o la storia – raccontata due volte con qualche differenza – si rafforza, andando a cozzare ancora di più contro la versione ufficiale. D'altro canto anche il generale Durrani, già direttore dell'Isi agli inizi degli anni Novanta e responsabile dei servizi di sicurezza dell'esercito pachistano, aveva detto ad Al Jazeera nel febbraio del 2015 - prima di Seymour -  che era molto probabile non solo che l'Isi sapesse dov'era bin Laden, ma che gli avesse dato un peloso rifugio prima del famoso raid del maggio 2011. Un mucchio di coincidenze che fanno di nuovo vacillare il racconto di quella strana notte su cui si intersecano vari misteri (si veda tra l'altro la vicenda vaccini riportata ieri da Interceptor). Alla prossima puntata.

*Fonte: National Security Archives


Nessun commento: