vanno in vacanza perché le verdi colline di quel paesaggio riposano la vista e in qualche modo rinfrescano l'aria. A un certo punto della Storia, quella con la S maiuscola, diventò una capitale. La capitale di un movimento. Il movimento dei non allineati. Era il 18 aprile del 1955, la seconda guerra mondiale era finita da dieci anni e il nuovo assetto uscito da Yalta aveva diviso il pianeta in due grandi sfere di influenza e dato le racchette per giocare a palla col mondo a due soli tennisti: gli Stati Uniti e l'Unione sovietica. Si prospettava un pianeta pacificato e retto su un equilibrio geostrategico, garantito dalla guardia dei due grandi blocchi: il ”mondo libero”, come si chiamava allora, e il “mondo comunista”. Ognuno poteva dipingere il suo nemico come preferiva.
E si perché, nonostante tutto il mondo pacificato restava un mondo in guerra e l'equilibrio era un equilibrio del terrore dopo che le bombe a Hiroshima e Nagasaki avevano dimostrato che l'uomo può uccidere milioni di persone e contaminare il territorio dove vivono per secoli premendo un bottone.
Nehru |
Krishna Menon |
Bandung doveva essere in realtà solo il luogo preparatorio di quella che che poi doveva diventare, a Belgrado appunto nel 1961, la nascita ufficiale del Movimento dei non allineati, di questo terzo incomodo che vedeva un pericolo nel bipolarismo Usa Urss e che, a un'opposizione Est - Ovest preferiva una dottrina che divideva in mondo in Nord e Sud: poveri contro ricchi in due parole. Ma Bandung fu qualcosa di più di una semplice Conferenza afroasiatica cui parteciparono gli asiatici. Venne coniato il termine “spirito di Bandung” ed è a Bandung che fu coniata la locuzione Terzo mondo, dove quel terzo indicava bene cosa i non allineati avevano in mente. Un documento in dieci punti concluse la Conferenza che segnò anche il primo incontro tra strategie diverse che cercavano un punto comune: dal pacifismo dell'indiano Nehru, al neutralismo del cinese Zhou Enlai. Il messaggio di apertura fu affidato all'indonesiano Sukarno, l'anfitrione dell'incontro
Sukarno era uno dei grandi artefici della nascita del Movimento e con lui il primo premier dell'India indipendente, Jawaharlal Nehru. Ma c'era anche il secondo presidente egiziano, Gamal Abdel Nasser, il presidente iugoslavo Tito e il primo presidente del Ghana, Kwame Nkrumah, nomi noti per quella che è stata chiamata: The Initiative of Five, l'iniziativa dei cinque. Ma non ci sono solo loro: c'è anche il grande artefice della politica estera cinese, Zhou Enlai. C'era il Pakistan, l'India, l'Iran, il Vietnam – del Sud ovviamente - e persino l'Afghanistan. C'è il regno cambogiano di Norodom Sihanuk. L'Africa è invece largamente sottorappresentata anche se ci sono figure di spicco come Nkrumah e ovviamente l'Egitto di Nasser. Chi erano questi protagonisti? Chi erano i cinque o più di quell'iniziativa? Lo vedremo e vedremo anche chi, dietro le quinte, aveva lavorato a costruire la dottrina e chi, ancora dietro le quinte, aveva organizzato l'evento. Due persone in particolare: l'indiano Krishna Menon – il vero architetto teorico del non allineamento - e l'indonesiano Ali Sastroamidjojo, il primo ministro che presiederà i lavori che si concluderanno il 24 aprile.
Gli anni Cinquanta sono gli anni della decolonizzazione e dell'imperialismo. La prima non è ancora
Il movimento esiste ancora ma non è più la stessa cosa |
A Bandung gli onori di casa li fa Kusno Sosrodihardjo Sukarno, Bung Karno, il compagno Sukarno. A Bandung, dove la via centrale della cittadina si chiama Jalan Asia Afrika, Sukarno è all'apice della sua carriera politica e del consenso. Anche se ci sono voluti quattro anni per strappare definitivamente il potere agli olandesi nel 1949, Bung karno ha proclamato l'indipendenza dell'Indonesia già nel 1945. Governa da dieci anni: è un eroe nazionale che ha saputo corteggiare più di un amicizia e tenere in piedi un equilibrio precario tra il Partito comunista, uno dei più forti dell'Asia, un mondo rurale arretrato e spesso conservatore e un movimento islamico che non sempre gli è amico. Bandung è il suo trionfo in politica estera. Dieci anni dopo, il 1965 segnerà la sua fine e la fine dell'esperimento di “democrazia guidata” che, per i generali golpisti indonesiani, era il segno di una debolezza filocomunista. Quanto ad Ali Sastroamidjojo, il suo primo ministro, è uomo che conosce la politica estera quanto quella interna. E' stato ambasciatore negli Stati Uniti, in Canada, in Messico ed è capo del Partito nazionalista di Sukarno. Dal 1957 al '60 è il Rappresentante dell'Indonesia all'Onu. Il colpo di stato del 1965 gli risparmierà la vita ma chiuderà, come per Sukarno, la sua carriera politica. Era stato lui a comperare negli Stati Uniti l'attuale residenza diplomatica indonesiana. Costava circa 300mila dollari. Altri tempi.
Zhou Enlai |
A Bandung l'Occidente non c'è. Con qualche eccezione. C'è infatti la Iugoslavia di Josip Broz Tito: l'uomo che sarà il primo segretario generale del Movimento eletto a Belgrado nel 1961 al primo vertice che segue di qualche anno Bandung. Il comandante partigiano è a capo della Federazione iugoslava dal 1945 e qualche anno dopo ha rotto con Stalin e l'Unione sovietica pur essendo tra i fondatori del Cominform, il primo forum internazionale comunista nato nel '47. Proprio il Cominform, su pressione di Mosca, espellerà la Iugoslavia di Tito mettendolo in difficoltà ma non per questo distogliendolo dal suo progetto di una via nazionale al socialismo. Per Tito dunque, la carta di Bandung ha un peso importante. L'uomo che ha tenuto assieme serbi e croati riesce a creare l'ambito di alleanze dove potersi muovere e fare affari senza essere obbligato a sottostare ai diktat di Mosca. Tito morirà in una clinica il 4 maggio 1980, tre giorni prima del suo 88º compleanno e dieci anni prima che il suo Paese sprofondi nel caos e torni alle antiche divisioni. In base al numero di politici e delegazioni di Stato presenti alle sue esequie, il suo sembra sia stato il maggiore funerale di Stato della Storia dopo quello di Papa Woytila. C'erano quattro re, 31 presidenti, sei principi. 22 primi ministri e 47 ministri degli esteri, rappresentanti di 128 Paesi. Ma i suoi vecchi amici di Bandung non ci sono già più. Il grande vecchio li ha seppelliti quasi tutti.
Nasser e, sopra, Tito Sotto: Nkrumah |
L'ultimo giro di giostra è per Kwame Nkrumah, al secolo Francis Nwia-Kofi Ngonloma. E' noto anche con l'appellativo di Osagyefo, il redentore. E' un rivoluzionario del Ghana di cui diventa presidente ed è famoso per essere stato il primo leader dell'Africa nera a far ottenere al suo paese l'autogoverno. E' un panafricano convinto. La sua idea era che i Paesi africani dovessero federarsi e, solo in questo modo, sfuggire alle logiche che avevano fatto del continente africano la più grande colonia del pianeta. Bandung era per Nkrumah l'esportazione ideale della sua idea di indipendenza. E' morto lontano dal suo Paese, rovesciato da un colpo di Stato a cui aveva fornito consenso la sua gestione autoritaria del Paese. Ma la sua presenza a Bandung fu determinante per dare a quell'incontro anche la patente di africano. Il suo sogno è adesso nelle mani di sua figlia Samia, a capo del ricostruito Partito della Convenzione del popolo.
E' l'ora di tirare le somme. Quali? Il Movimento esiste ancora ma non esiste più, forse, lo spirito di Bandung. E in un mondo ormai non più bipolare e che oscilla tra l'unipolarismo e il grande caos, forse ha ancora senso quella battuta di Krishna Menon: abbiamo ancora da incontrare una tigre vegetariana!
* Ascolta la puntata su Wikiradio
Nessun commento:
Posta un commento