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sabato 10 settembre 2016

Pakistan/Afghanistan: guerra diplomatica sulla pelle della gente

Che Pakistan e Afghanistan siano ai ferri corti da mesi è noto.  Per Islamabad è cruciale controllare il negoziato coi talebani e assicurarsi un governo amico a Kabul dove invece si amoreggia con Nuova Delhi. Il Pakistan ha ospitato e nutrito dentro le sue frontiere schiere di jihadisti di ogni sorta finché il problema non si è fatto grosso in casa sua e i figliocci pachistani dei talebani afgani han cominciato a far stragi nel Paese dei puri. A quel punto Kabul ha reso pan per focaccia a Islamabad chiudendo un occhio sui paktalebani che si rifugiano oltre confine: l'esempio eclatante e mullah Fazluallh, detto mullah Radio e leader dei paktalebani (Ttp). Si nasconderebbe oltre frontiera in Afghanistan e la cosa rende rabbiosi i pachistani. Kabul dal canto suo sa bene che la Rete Haqqani, la più radicale tra gli afgtalebani, gode da sempre dei buoni uffici di Islamabad: e quando c'era un problema o da chiedere una mano ai Saud in ambasciata, nessuno interferiva nei viaggi dei capi della famiglia nella capitale. Nemmeno un vigile. Gli americani ci mettono del loro: qualche mese fa han fatto secco il capo dei talebani afgani, possibile negoziatore. In più, continuano a bombardare e non solo coi droni. Con un solo risultato: seppellire definitivamente il processo di pace. Morale: pace addio e tensioni alle stelle.


Tutto è iniziato nell'agosto scorso con una camion bomba mai rivendicato che, scoppiando in piena notte ha creato un cratere, profondo dieci metri a Kabul. I circoli più antipachistani han dato fiato alle trombe e il processo negoziale, appena iniziato, si è fermato. Anche il presidente Ghani, più morbido con Islamabad, ha cambiato idea. Poi le cose si sono ulteriormente complicate anche perché l'offensiva talebana, che per gli afgani è roba dei pachistani, si è fatta più violenta e sanguinaria. . Morale della favola, Islamabad tratta con l'Acnur il rimpatrio degli afgani che vivono in Pakistan: son 2,5 milioni, un milione dei quali senza documenti. L'espulsione - cominciata per decreto dopo l'assalto alla scuola militare di Peshawar nel dicembre 2014 - a oggi registrerebbe  quota 245mila. Entro dicembre tutti gli indocumentati  correvano il rischio di essere espulsi, ossia un milione di sfollati in più per un Paese che ne deve sistemare già più di un milione. Ieri però, forse dopo le pressioni dell'Onu, Nawaz Sharif ha fatto sapere che il suo governo ha spostato la deadline a marzo 2017. Tre mesi in più di respiro (è il terzo rinvio: anziché dicembre 2015 la deadline era già stata spostata a giugno 2016 e poi a fine 2016). Vuol dire che invece che 5mila al giorno le espulsioni saranno solo di 2500 persone al dì. Tanti quanti i siriani che affollano la frontiera turca.
A destra Ashraf Ghani, a sinistra il capo
dell'esecutivo Abdullah. Sopra Nawaz Sharif

Kabul comunque non sta con le mani in mano: ieri Ashraf Ghani ha detto che intende bloccare le merci pachistane che transitano dal suo Paese dirette in Asia centrale. Ci mandate a casa i profughi? E allora noi vi blocchiamo le merci. Del resto Islamabad ha bloccato il commercio della frutta dall'Afghanistan. E gli indiani, sempre pronti a mettere il dito nella piaga, hanno offerto di far transitare prugne e melograni... in areo. Qualsiasi prezzo non è troppo alto per dar fastidio a  Islamabad.

Come se ne esce? Non se ne esce per ora. Si può solo sperare che la moratoria venga prolungata e che la comunità internazionale risponda all'appello di Ocha per versare un po' di denaro e far fronte all'emergenza.... Su tutto ciò aleggia la prossima conferenza di Bruxelles voluta dalla Ue. Di che parleranno? Forse di diritti delle donne, il mantra che non conosce confine (non che non sia giusto ma pare che ormai l'Afghanistan sia solo una questione di burqa). Forse anche di immigrazione. Preoccupati come siamo dalle nuove invasioni di barbari forse possiamo immaginare che un milione di sfollati in più in Afghanistan significherà qualche centomila in più alle porte di case.

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