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domenica 12 marzo 2017

Mario Dondero, semplicemente fotografo

Algeria 1986 "Il lettore", una
delle mie immagini preferite
Essenziale e schiva come il personaggio di cui parla, la copertina del catalogo della mostra che si è aperta ieri a Bergamo alla Galleria Ceribelli, racchiude un volume prezioso e anche alcuni inediti di Mario Dondero, scomparso un anno fa -  ça va sans dire - troppo presto. Lo dico perché le mostre fotografiche mi distraggono o meglio, mi distrae la gente, i commenti, i saluti che vi si fanno intorno. Anzi, direi che alle inaugurazioni vado per quello: incontrare e rivedere le persone che conosco e conoscerne di nuove, l'attività umana più fertile che esista, come Mario sapeva assai bene. Distratto dal vocio, dai pasticcini o dagli affetti - o ancora da qualche viso che suscita un'immediata curiosità o da un'assenza che segna un vuoto - ho visto più che guardato le immagini di Mario, molte delle quali conosco già. Ma a casa, con calma, caffè e toscano e la silente compagnia del mio amatissimo cane, ecco che il catalogo restituisce il lavoro e l'essenza della mostra: il lavoro di Mario ovviamente - ben stampato in Francia e tecnicamente organizzato da Philippe Bretelle per SilvanaEditoriale - ma anche di tutte le persone che hanno contribuito alla scelta e alle chiavi di lettura: la figlia Maddalena, Tatiana Agliani, Walter Guadagnini per non dire di Arialdo Ceribelli, uomo generoso e attento, di una squisita eleganza umana che molto piaceva a Mario (che me lo fece conoscere) e che è lo schivo architetto di questa operazione.

La scelta delle foto ripercorre la vita fotografica di Mario con ripescaggi attenti e singolari: molte cose si conoscono, altre meno, altre ancora si eran mai viste. Lavoro che si deve  alle scelte di Maddalena e Tatiana, alla Fototeca di Altidona e all'inesauribile passione di Pacifico D'Ercoli e del suo staff (stiamo parlando di 350-400mila scatti!!!!). Rubo qui e là qualche brano dalle introduzioni che mi ha colpito: "Mario - scrive Maddalena Fossati Dondero  - è stato un padre difficile, assente, luminoso, leggendario e itinerante  e non sono sicura che questi aggettivi siano nell'ordine giusto".

"E' per questo - scrive Guadagnini - che Dondero è potuto apparire a tratti come un fotografo senza stile, mentre forse è stato, proprio come voleva il manifesto di alcuni suoi colleghi, contro lo stile".

"Dai fotogrammi 35mm dei provini a contatto - suggerisce Agliani - dalle campiture nere e bianche  di negativi ancora non provinati, osservati in trasparenza davanti alla luce di una finestra, si delineano gli orizzonti etici, morali, politici, la sensibilità e la poetica di un uomo  che è stato un irriducibile esponente e interprete di quell'impegno civile, di quella tensione morale che ha segnato il pensiero del secondo Novecento". Fa vedere, guardare, leggere.

Alcune immagini della mostra e un bell'articolo di Marco Belpoliti potete vedere e leggere qui

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