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giovedì 8 giugno 2017

Il "week end" nero di Kabul

Sulla copertina de Il Tascabile l'ultimo attentato
a Herat il 6 giugno 
Stragi senza rivendicazioni, collasso del sistema politico, lotta tra fazioni, confusione tra gli alleati internazionali. L’Afghanistan sembra attraversare un nuovo periodo buio. O un’ennesima riedizione del Grande Gioco. Un tentativo di analisi

Alle 8 e venti del mattino di mercoledi 31 aprile un’autocisterna rossa per l’acqua viene fermata all’imbocco della cosiddetta “green zone” di Kabul, un’area blindatissima dove si trovano diverse ambasciate – l’americana, la tedesca, la nostra –, il quartier generale della Nato, rimesse e caserme che ospitano soldati americani. Appena fermato e probabilmente sviato dal suo vero obiettivo, uno dei luoghi inviolabili della zona verde, l’autista si fa esplodere facendo saltare l’autobotte che contiene 1500 chili di esplosivo e che, nel creare un cratere vasto e profondo, uccide un centinaio di persone e ne ferisce circa 500, alcune delle quali in maniera semi letale. Si tratta del più grosso attentato che la capitale abbia conosciuto dal 2001, da che sono iniziati gli ormai 16 anni di guerra infinita che hanno seguito i dieci di conflitto con i sovietici dal 1979 all’89 e in seguito altri sette tra soli afgani fino alla nascita dell’emirato di mullah Omar nel settembre del 1996.
Il fatto singolare è che l’attentato non viene rivendicato...

segue su Il Tascabile

Vedi anche questo servizio della Bbc sulla vita sotto i talebani nell'Helmad

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