Visualizzazioni ultimo mese

Cerca nel blog

Translate

giovedì 29 novembre 2018

Ghani ci riprova

A 4 mani con Giuliano Battiston per "il manifesto"

“L'obiettivo della conferenza è mostrare la solidarietà della comunità internazionale con il popolo afgano e il governo nei loro sforzi per la pace e la prosperità”, recita il comunicato con cui l’Onu ha presentato la Conferenza di Ginevra sull'Afghanistan tenutasi ieri nella città svizzera: un’ “occasione per sottolineare l'importanza dell'agenda per lo sviluppo e le riforme… cruciale nel misurare i risultati rispetto ai 15,2 miliardi di dollari impegnati dalla comunità internazionale nel 2016”. Il summit di Ginevra sarebbe stato l’ennesimo show di parole più o meno significative – tanto che quasi nessun leader internazionale si è fatto vedere e persino il segretario dell’Onu Guterres si è fatto rappresentare da un video messaggio – se non avesse offerto la scena al presidente Ashraf Ghani per un’ennesima apertura ai Talebani. Che sembra però, come tutte le precedenti, molto simile al refrain di una vecchia canzone di Mina degli anni Settanta: parole, parole, parole.

Ghani ha detto che il suo esecutivo ha formato un team di 12 membri per negoziare con la guerriglia: "Dopo diversi mesi di intense consultazioni in tutto il Paese, abbiamo formulato una road map per i negoziati di pace", ha detto il presidente inserendo le parole che piacciono alla comunità internazionale: "Diritti e obblighi costituzionali di tutti i cittadini, in particolare delle donne, devono essere garantiti". Ma il suo piano in 5 fasi è però più legato alla speranza che non a fatti concreti. Il capo della diplomazia Ue Federica Mogherini lo ha definito una "coraggiosa offerta di pace” ma il suo appoggio e quello assai distratto dei Paesi europei, che sull'Afghanistan hanno come unica strategia quella di rimpatriare i richiedenti asilo, non basteranno.

Khalilzad. Sopra: Ghani
Ghani sa bene che la sua è la rincorsa di americani e russi che l’hanno ormai largamente bypassato: con colloqui diretti tra turbanti e il rappresentante Usa Zalmay Khalilzad in Qatar e la partecipazione dei talebani a un summit a Mosca giorni fa. Quale sia la reazione talebana alle aperture di Ginevra ancora non si sa ma quel che si legge sul sito della guerriglia parla chiaro su come sia considerato Ghani, a capo di un esecutivo che “non ha diritto di essere chiamato governo”. Negziati? “Il capo del presunto Consiglio di "Pace" Karim Khalili – scrivono - dice che i nostri leader hanno tenuto videoconferenze e sono in contatto via lettera. Rifiutiamo categoricamente questa propaganda. Nessuno di loro ha contattato alcuna istituzione, né ci sono state videoconferenze o lettere”.

L’attentato che ieri pomeriggio, mentre a Ginevra si firmavano le dichiarazioni congiunte, ha colpito a Kabul la struttura che ospita l’agenzia di sicurezza privata G4S è sembrato a molti una risposta indiretta. Sede a Londra, contractor e impiegati in 90 paesi del mondo, un esercito privato più corposo di quello di molti Stati-nazione, l’agenzia di “sicurezza globale” G4S fa il lavoro sporco che i governi non riescono o non vogliono fare. In Afghanistan, le attività dei contractor sfuggono ai radar dell’opinione pubblica, non a quelli dei Talebani: sono forze di occupazione straniere. E fino a quando ci saranno soldati stranieri nel Paese, ripetono, la pace non arriverà. Anche se poi ci tengono a precisare che sì, è vero, il 14, 15 e 16 novembre a Doha, Qatar, una delegazione Usa ha incontrato alti rappresentati dell’Emirato islamico “per trovare una soluzione pacifica” al conflitto. A dispetto del cauto ottimismo di Zalmay Khalilzad la strada, però, è in salita.

Se i barbuti negano qualunque contatto con i rappresentanti del governo di Kabul, considerato illegittimo, la comunità, minoritaria e discriminata, degli hazara si sente sempre più minacciata dalla legittimazione crescente dei Talebani, che a partire da fine ottobre hanno condotto incursioni militari senza precedenti in alcuni distretti hazara nelle province di Uruzgan e Ghazni. Attacchi a cui il governo ha risposto male e in ritardo, facendo crescere il risentimento e la preoccupazione. Si muore anche in altre aree del paese, per responsabilità di altri: nella provincia di Helmand, nel distretto di Garmsir, ieri 30 civili, tra cui donne e bambini, sarebbero rimasti vittime di un bombardamento degli Stati Uniti.



Nessun commento: