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domenica 2 dicembre 2018

Sorpresa indiana


I fumetti dell’epica tradizionale che andavano a ruba sulle bancarelle, affascinarono anche i primi viaggiatori occidentali che scoprirono negli anni Settanta i diversi tipi di nuvole dell’India. Rievocazioni fumettistiche per l'inserto Asia de il manifesto uscito venerdi col quotidiano

Dopo l’abbuffata di Paperino, NemboKid e Topolino, che ormai aveva perso la sua casta nudità da Grande Depressione per trasformarsi in un detective borghese e azzimato, in Italia – seppur con un certo ritardo – cominciarono ad arrivare dall’America i primi fumetti alternativi: nati in America negli anni Sessanta, i Fabulous Furry Freak Brothers di Gilbert Shelton e Mister Natural del grande Robert Crumb, iniziarono a influenzare il mondo del fumetto italiano allora dominato, oltreché dagli eroi della Walt Disney, traghettati nell’Italia del Dopoguerra da Arnoldo Mondadori, da Tex (Bonelli), Black Macigno e Capitan Miki (EsseGesse) e, solo più tardi, da tavole e sceneggiature più innovative e politicamente corrette come Ken Parker, Corto Maltese o le storie di Manara. Ma negli anni Settanta, durante l’epopea del Viaggio all’Eden nei territori di un’Asia ancora sconosciuta specie nel mondo delle tavole dei fumettari, c’era però anche una simpatica sorpresa ad aspettare i Freak Brothers europei che si erano messi in marcia verso Benares e Kathmandu in scalcinati pulmini Volkswagen o con i mezzi pubblici locali.


In India, di cui quei giovinastri curiosi ignoravano tutto mentre si lasciavano affascinare da incensi e religioni, stili di vita e quel misto incredibile di mogul, British India e pinnacoli fallici dei templi induisti, i fumetti erano realtà da tempo. E solo il nostro provincialismo poteva farci credere che la terra del fumetto d’autore fosse solo quella occidentale o statunitense che peraltro aveva influenzato la nascita dei primi comic (di origine oltreoceanica come Mandrake, Flash Gordon o Rip Kirby) apparsi sulle pagine del Times of India già dagli anni Sessanta (un fenomeno che era arrivato anche da noi sulle pagine de Il Giorno di Mattei). Solo un decennio dopo, in India si potevano però già cogliere i frutti di una evoluzione nazionale dell’arte del fumetto che ripescava miti e storie della tradizione locale e traduceva in nuvole molto popolari i personaggi del Mahabharata o del Ramayana, poemi epici della traduzione indù.

Per i giovani viaggiatori, che alternavano visite non guidate a moschee e templi ma che passavano gran parte del tempo a indugiare in ben altro tipo di nuvole, le tavole in bianco e nero e poi a colori con la storia dell’epica indiana erano un vero trastullo. Il boom che ne seguì a livello nazionale (i turisti non ne erano che un piccolissimo segmento) pare sia arrivato tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta con picchi di vendite sino a 500mila copie. Non male per un’arte a torto considerata minore. Gli editori erano ormai decine e molte pubblicazioni erano, oltreché in inglese, anche nei vari idiomi di un Paese che solo di lingue “ufficiali” (quelle buone cioè per gli atti della pubblica amministrazione) ne conta oltre venti Benché il genere sia adesso in declino, forse minacciato dall'espansione del televisore e in seguito del web, eventi come Comics Fest India o Comic Con India raccontano di una vivacità e popolarità, poi arricchitasi di nuovi personaggi, storie, disegnatori e sceneggiature, che continua a interessare una larga fetta di pubblico di età diverse.

Certo l’epopea del fumetto un po’ scolastico ma suggestivo che raccontava le avventure delle divinità e di qualche guru, re o santone, resta un fenomeno interessante e che continua a essere pubblicato o ripubblicato oltreché essersi trasformato in una sorta di cult per
collezionisti appassionati che passano il loro tempo a spulciare le bancarelle di Calcutta o di Delhi in cerca di “The False Hermit” (edizioni D. Kumar) di P. B. Kavadi, disegnatore che adesso si è dedicato a un’edizione del Mahabharata in e-comic per stare al passo con i tempi.

Solo perché il ragazzo era cieco, Soordas divenne il bersaglio di ogni scherzo di cattivo gusto – racconta una delle sue tante storie – ma la sua famiglia non si rendeva conto che lui poteva vedere più di chiunque altro… poteva dirigere un pastore alla sua capra perduta o descrivere esattamente come l'idolo del suo amato Signore Krishna fosse vestito nel tempio quel tal giorno. L'imperatore mogul Akbar venne personalmente ad invitarlo nella sua corte...”.

 Buona lettura.

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