I
fumetti dell’epica tradizionale che andavano a ruba sulle
bancarelle, affascinarono anche i primi viaggiatori occidentali che
scoprirono negli anni Settanta i diversi tipi di nuvole dell’India. Rievocazioni fumettistiche per l'inserto Asia de il manifesto uscito venerdi col quotidiano
Dopo
l’abbuffata di Paperino, NemboKid e Topolino, che ormai aveva perso
la sua casta nudità da Grande Depressione per
trasformarsi in un detective borghese e azzimato, in Italia –
seppur con un certo ritardo – cominciarono ad arrivare dall’America
i primi fumetti alternativi: nati in America negli anni Sessanta, i
Fabulous
Furry Freak Brothers di
Gilbert Shelton e Mister
Natural
del grande Robert Crumb, iniziarono a influenzare il mondo del
fumetto italiano allora dominato, oltreché dagli eroi della Walt
Disney, traghettati nell’Italia del Dopoguerra da Arnoldo
Mondadori, da Tex (Bonelli), Black Macigno e Capitan Miki (EsseGesse)
e, solo più tardi, da tavole e sceneggiature più innovative e
politicamente corrette come Ken Parker, Corto Maltese o le storie di
Manara. Ma negli anni Settanta, durante l’epopea del Viaggio
all’Eden nei territori di un’Asia ancora sconosciuta specie nel
mondo delle tavole dei fumettari, c’era però anche una simpatica
sorpresa ad aspettare i Freak Brothers europei che si erano messi in
marcia verso Benares e Kathmandu in scalcinati pulmini Volkswagen o
con i mezzi pubblici locali.
In
India, di cui quei giovinastri curiosi ignoravano tutto mentre si
lasciavano affascinare da incensi e religioni, stili di vita e quel
misto incredibile di mogul, British India e pinnacoli fallici dei
templi induisti, i fumetti erano realtà da tempo. E solo il nostro
provincialismo poteva farci credere che la terra del fumetto d’autore
fosse solo quella occidentale o statunitense che peraltro aveva
influenzato la nascita dei primi comic (di origine oltreoceanica come
Mandrake, Flash Gordon o Rip Kirby) apparsi sulle pagine del Times
of India
già dagli anni Sessanta (un fenomeno che era arrivato anche da noi
sulle pagine de Il Giorno di Mattei). Solo un decennio dopo, in India
si potevano però già cogliere i frutti di una evoluzione nazionale
dell’arte del fumetto che ripescava miti e storie della tradizione
locale e traduceva in nuvole molto popolari i personaggi del
Mahabharata o del Ramayana, poemi epici della traduzione indù.
Per
i giovani viaggiatori, che alternavano visite non guidate a moschee e
templi ma che passavano gran parte del tempo a indugiare in ben altro
tipo di nuvole, le tavole in bianco e nero e poi a colori con la
storia dell’epica indiana erano un vero trastullo. Il boom che ne
seguì a livello nazionale (i turisti non ne erano che un
piccolissimo segmento) pare sia arrivato tra la fine degli anni
Ottanta e l’inizio degli anni Novanta con picchi di vendite sino a
500mila copie. Non male per un’arte a torto considerata minore. Gli
editori erano ormai decine e molte pubblicazioni erano, oltreché in
inglese, anche nei vari idiomi di un Paese che solo di lingue
“ufficiali” (quelle buone cioè per gli atti della pubblica
amministrazione) ne conta oltre venti Benché il genere sia adesso
in declino, forse minacciato dall'espansione del televisore e in
seguito del web, eventi come Comics Fest India o Comic Con India
raccontano di una vivacità e popolarità, poi arricchitasi di nuovi
personaggi, storie, disegnatori e sceneggiature, che continua a
interessare una larga fetta di pubblico di età diverse.
Certo
l’epopea del fumetto un po’ scolastico ma suggestivo che
raccontava le avventure delle divinità e di qualche guru, re o
santone, resta un fenomeno interessante e che continua a essere
pubblicato o ripubblicato oltreché essersi trasformato in una sorta
di cult per
collezionisti appassionati che passano il loro tempo a
spulciare le bancarelle di Calcutta o di Delhi in cerca di “The
False Hermit” (edizioni D. Kumar) di P. B. Kavadi, disegnatore che
adesso si è dedicato a un’edizione del Mahabharata in e-comic per
stare al passo con i tempi.
“Solo
perché il ragazzo era cieco, Soordas divenne il bersaglio di ogni
scherzo di cattivo gusto – racconta una delle sue tante storie –
ma la sua famiglia non si rendeva conto che lui poteva vedere più di
chiunque altro… poteva dirigere un pastore alla sua capra perduta o
descrivere esattamente come l'idolo del suo amato Signore Krishna
fosse vestito nel tempio quel tal giorno. L'imperatore mogul Akbar
venne personalmente ad invitarlo nella sua corte...”.
Buona
lettura.
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