L'Ufficio di presidenza del Myanmar ha accusato lunedi l'esercito dell'Arakan ( Arakan Army/AA) - un gruppo armato dello Stato occidentale del Rakhine responsabile degli attacchi della scorsa settimana a quattro avamposti della polizia birmana - di legami con l'Arakan Rohingya Salvation Army (Arsa), il gruppo armato rohingya che il governo birmano ritiene un’organizzazione terroristica. La notizia è apparsa lunedi anche sul quotidiano birmano Irrawaddy e non proviene dall’establishment militare ma dall’ufficio di presidenza dove la stessa Aung San Suu Kyi ha molta influenza. Una dichiarazione che, nel legare due episodi e due gruppi del tutto diversi, tende a mettere sotto la stessa luce – di fatto quella del terrorismo – episodi che non sembrano in realtà avere legame. La denuncia birmana appare per ora soprattutto una supposizione che sarebbe però basata su fonti di intelligence.
La lotta dell’Arakan Army, nato nel 2009 e fazione armata della United League of Arakan (Ula), il cui scopo dichiarato è la protezione della minoranza arakanese (e buddista) del Rakhine, non è una novità nello Stato al confine col Bangladesh ma non ha mai avuto nulla a che vedere con la questione rohingya. AA ha invece una solida alleanza con l'Esercito per l'indipendenza Kachin (Kia) e avrebbe tra 1.500 e 2.500 soldati in gran parte formati proprio dagli uomini del Kia. Recentemente ha ripreso i combattimenti nell’area settentrionale dello Stato federato e il 4 gennaio si è avuta la notizia della morte di 13 poliziotti e del ferimento di altri nove in attacchi contro posti di polizia nell'area di Buthidaung, nel Nord Rakhine. Quattro postazioni sarebbero state attaccate e, secondo le autorità, l’attacco avrebbero coinvolto centinaia di combattenti AA all’alba dello scorso venerdi.
I combattimenti hanno già avuto un effetto devastante sulle comunità locali della zona costringendo,
secondo fonti Onu, almeno 2.500 civili a lasciare le proprie case. Negli incidenti di venerdi, il gruppo ribelle aveva sequestrato anche 14 membri delle forze di sicurezza, 12 dei quali sarebbero poi stati però liberati. Secondo il portavoce dell’AA, gli attacchi non sarebbero che una risposta a un'offensiva militare di Tatmadaw – l’esercito birmano - che avrebbe preso di mira anche i civili.
Secondo un portavoce della presidenza, responsabili di AA e di Arsa si sono incontrati a Ramu, in Bangladesh, nel luglio dello scorso anno saldando dunque un’alleanza tra autonomisti buddisti e autonomisti rohingya e distribuendosi le aree di controllo: quelle a Ovest della catena montuosa Mayu (vicina al Bangladesh) sarebbero sotto il controllo dell'Arsa, mentre le aree a Est ricadrebbero sotto la giurisdizione dell’AA. Secondo i birmani, che lo hanno ufficialmente comunicato a Dacca, entrambi i gruppi avrebbero basi in Bangladesh e sarebbero legati al narcotraffico nella regione (in particolare delle pillole “yaba” un mix di metanfetamina e caffeina). Secondo il Myanmar i recenti attacchi non sarebbero dunque che l’effetto di questa saldatura dei due fronti ribelli che combattono il governo di Naypyidaw. AA ha respinto al mittente le accuse, sia per quanto riguarda il narcotraffico sia per quanto riguarda l’alleanza con Arsa.
La situazione nel Rakhine torna dunque a essere incandescente al di là della questione della minoranza musulmana rohingya espulsa un anno e mezzo fa con numeri importanti: oltre 700mila persone infatti sono scappate dal Myanmar attraversando la frontiera col Bangladesh dove adesso si trovano senza che vi siano le condizione di un loro rimpatrio sicuro.
* Questo articolo è uscito ieri su il manifesto
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