
I combattimenti hanno già avuto un effetto devastante sulle comunità locali della zona costringendo,
secondo fonti Onu, almeno 2.500 civili a lasciare le proprie case. Negli incidenti di venerdi, il gruppo ribelle aveva sequestrato anche 14 membri delle forze di sicurezza, 12 dei quali sarebbero poi stati però liberati. Secondo il portavoce dell’AA, gli attacchi non sarebbero che una risposta a un'offensiva militare di Tatmadaw – l’esercito birmano - che avrebbe preso di mira anche i civili.
Secondo un portavoce della presidenza, responsabili di AA e di Arsa si sono incontrati a Ramu, in Bangladesh, nel luglio dello scorso anno saldando dunque un’alleanza tra autonomisti buddisti e autonomisti rohingya e distribuendosi le aree di controllo: quelle a Ovest della catena montuosa Mayu (vicina al Bangladesh) sarebbero sotto il controllo dell'Arsa, mentre le aree a Est ricadrebbero sotto la giurisdizione dell’AA. Secondo i birmani, che lo hanno ufficialmente comunicato a Dacca, entrambi i gruppi avrebbero basi in Bangladesh e sarebbero legati al narcotraffico nella regione (in particolare delle pillole “yaba” un mix di metanfetamina e caffeina). Secondo il Myanmar i recenti attacchi non sarebbero dunque che l’effetto di questa saldatura dei due fronti ribelli che combattono il governo di Naypyidaw. AA ha respinto al mittente le accuse, sia per quanto riguarda il narcotraffico sia per quanto riguarda l’alleanza con Arsa.
La situazione nel Rakhine torna dunque a essere incandescente al di là della questione della minoranza musulmana rohingya espulsa un anno e mezzo fa con numeri importanti: oltre 700mila persone infatti sono scappate dal Myanmar attraversando la frontiera col Bangladesh dove adesso si trovano senza che vi siano le condizione di un loro rimpatrio sicuro.
* Questo articolo è uscito ieri su il manifesto
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