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domenica 19 aprile 2020

Cucina birmana con Dizionario italo cambogiano. La biblioteca di Amanullah

I viaggi, inutile dirlo, sono occasione di incontri. Spesso con connazionali che si sono trasferiti altrove. Ho fatto dunque quest’anno due piacevolissimi incontri – anche se uno di questi è solo virtuale – con due italiani che hanno fatto altrettanti  pregevoli lavori che ci avvicinano alla cultura dell’Asia sudorientale, meta di questo ultimo viaggio che si sta prolungando oltre il suo obiettivo originario poiché il virus mi ha bloccato nel Myanmar.


Qui spulciando nella rete, ho trovato un’aureo libretto stampato nel 2017 di Giovanna Motta dedicato alla cucina birmana. E’ un lavoro breve (uscito nella collana Quaderni del dottorato Storia d’Europa) ma che dà conto di una grande passione coniugata alla ricerca e, perché no, alsavoir vivre. Scrive Giovanna Motta nel suo saggio Mappa etnogastronomica del Myanmar: “La cucina birmana è quella principale del paese… perché i birmani costituiscono la netta maggioranza della popolazione… presenteremo dunque in primo luogo le caratteristiche tipiche dell’arte culinaria birmana, pur fornendo gli elementi essenziali delle tradizioni alimentari delle altre nazionalità”. E si perché il Myanmar è un crogiolo di identità culturali ognuna delle quali ha sviluppato le sue varianti di una cucina che risente di molti influssi e che par far da ponte tra il subcontinente indiano e l’Asia orientale.


L’altra piacevolissima sorpresa è invece il Dizionario Fonetico Italiano-Khmer che Mauro Brecevich ha dato alle stampe recentemente. Brecevich di mestiere fa la guida turistica, vive a Siem Reap ed è l’animatore con Lorenzo Bianchi di Italiani in Cambogia, una buona pagina facebook (e tramite cui si può immagino ordinare il suo lavoro) che fornisce informazioni sul Paese. Triestino di origine, è sposato con una signora cambogiana che – immaginiamo – deve averlo introdotto al piacere-dovere di imparare la lingua del Paese in cui risiede.  Brecevich si rende conto che il khmer non è poi quell’inferno linguistico che sembra a tutta prima. La seconda cosa di cui si rende conto è che non c’è modo di trovare un vocabolario o una grammatica che consenta di imparare l’idioma (se esiste a livello accademico,  è davvero difficile trovarne traccia).

Brecevich non è un linguista e dunque scrive un dizionario fonetico dove, accanto alla traduzione in khmer della parola italiana c’è anche quella inglese. Traslittera il khmer, scritto in caratteri cuneiformi, nell’alfabeto latino e dunque gli si potrà perdonare qualche scepolatura o le pulci di cervelloni alla Alessandro Bausani, di cui si diceva che salisse su un aereo con un dizionario in mano e ne scendesse avendo appreso la lingua e in grado già di destreggiarsi alla dogana. L’utilissimo e semplicissimo “Brecevich” ha una breve introduzione sulla sintassi che in tre pagine illustra la pronuncia, la costruzione della frase, le forme verbali e l’uso fondamentale degli avverbi oltre a una serie di locuzioni di uso comune con esempi di come usare la negazione o come fare una domanda. Sorprendentemente semplice.

Sono soddisfazioni grandi immagino per gli autori. Ma lo sono anche per noi piccoli italiani in cerca di piccole grandi cose che ci permettano – nella nostra lingua - di capire meglio – e dunque apprezzare - la grande e affascinante diversità asiatica. Conversando. Naturalmente... a tavola.



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