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giovedì 3 dicembre 2020

Prayut assolto ma non ferma la protesta


Il premier tailandese Prayut Chan-O-Cha è stato assolto ieri a Bangkok dalla Corte costituzionale per l’accusa di corruzione e di tradimento del codice etico  per aver continuato ad abitare in una residenza dell'esercito pur essendosi spogliato della divisa quando, da golpista militare, si trasformò in primo ministro in doppiopetto. Le migliaia di dimostranti, che come ormai accade dal febbraio scorso e con sempre più costanza negli ultimi mesi, si erano dati appuntamento in piazza non l’anno presa bene. E hanno trasformato il presidio organizzato in attesa della sentenza in una sorta di processo al premier, di cui chiedono le dimissioni, e al paravento democratico di un regime  ostaggio della Corona e dei militari. L’assoluzione – che ha rigettato il ricorso del partito Pheu Thai, in sostanza il rappresentante dell’ex governo che proprio Prayut aveva sciolto nel 2014 prima di dimettersi da generale - era forse scontata ma la partita era importante.

Se la Corte lo avesse riconosciuto colpevole, Prayut avrebbe dovuto dimettersi. Ma i giudici del tribunale più importante del regno hanno ritenuto che il fatto che Prayut continuasse a vivere in una residenza militare (in cui paga l’affitto) anche dopo le dimissioni non è una situazione conflitto di interessi e dunque tutto va bene. Un ipocrita a “doppio standard” l’hanno chiamato i dimostranti che, impediti dalla polizia di raggiungere la Corte, avevano deciso di aspettare la sentenza in una una sorta di grande assemblea cittadina a una decina di chilometri di distanza dalla sede del tribunale dove hanno riaffermato il principio che, se Prayut resta, anche la piazza resterà. Lo farà nonostante le minacce del premier anche col rischio dell’utilizzo del famigerato articolo 112 del Codice penale che punisce chi offende la casa reale con pene sino a 15 anni di reclusione. Un articolo che la polizia ha già usato per convocare una dozzina di capi della protesta accusati appunto di lesa maestà.

Il movimento delle papere gialle, per l‘uso di gigantesche anatre di plastica gialla che campeggiano ormai a ogni corteo (sberleffo agli idranti della polizia e forse vago riferimento alle camice gialle dei provocatori lealisti), non sembra comunque voler farsi intimidire. E’ certo che nei giorni a venire le papere torneranno in piazza per chiedere, come fanno da febbraio, la fine del governo Prayut e un cambiamento della Costituzione che riformi il sistema elettorale  e limiti i poteri della Corona. 

Questo articolo e' uscito oggi anche su ilmanifesto

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