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sabato 27 agosto 2022

Il Pakistan tra due crisi: poliitca e monsoni


Giovedi è andato in scena un controverso capitolo che sconvolge la politica pachistana da che il primo ministro Imran Khan è stato
sfiduciato dal parlamento nel maggio scorso. Infatti l’ex premier ha dovuto andare in tribunale con due capi d’accusa sul collo per violazione della legge sul terrorismo: per le sue dure critiche a una donna giudice e a un funzionario di polizia e per aver violato un divieto di riunione pubblica. Ma le acque, molto agitate alla vigilia, si sono subito calmate quando il tribunale, che già gli aveva garantito sino a ieri una cauzione preventiva per non essere arrestato, l’ha riconfermata rimandando dunque la cosa più temuta non solo da Imran Khan: il suo arresto.

 I magistrati gli hanno rispettivamente concesso due nuove cauzioni provvisorie: una fino al 1 settembre contro una fideiussione di 100mila rupie e un’altra fino al 7 settembre contro altre 5mila rupie. In caso di arresto il partito di Khan aveva già chiamato la piazza per impedirlo così che la decisione del giudice non si sa se abbia favorito di più l’ex campione di cricket prestato alla politica o non piuttosto i suoi rivali: i due partiti che lo hanno buttato fuori dal Parlamento e che ora governano in coalizione tenendo a bada un movimento di piazza tumultuoso che chiede nuove elezioni. 

 Non è l’unica emergenza di questi giorni: il Pakistan è infatti attraversato anche dagli effetti devastanti di inondazioni che hanno già causato almeno 900 vittime. La ministra per Informazione Marriyum Aurangzeb ha chiamato il disastro derivato dalle torrenziali piogge monsoniche “un’emergenza nazionale”. Mentre gran parte del mondo soffre la siccità, il Paese dei puri se la vede con le piogge stagionali questa volta davvero in eccesso tanto che Islamabad, da mesi sull’orlo del default, non ha abbastanza soldi per farvi fronte e si chiede alla gente di fare versamenti privati.

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