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giovedì 17 luglio 2025

Spratt e Tito. Addio a due protagonisti degli "Anni luce"


In questa calda estate del 2025 due persone molto care ci hanno appena lasciato. Li voglio ricordare in questo piccolo blog dedicato in gran parte agli "Anni luce", quel periodo iniziato negli anni Settanta ingiustamente derubricato alla sezione "Anni di piombo". Con Paolo Sparatore, detto Spratt, ci trovammo quasi casualmente - anche se entrambi frequentavamo il Bar Erika di Milano - sulla frontiera afgana mentre tutti e due (anzi tutti e tre visto che Spratt era con Giovanni Scali) viaggiavamo verso le Indie orientali. Assieme arrivammo a Kabul,  con un'altra banda di amici, dove passammo diverse settimane tra gli  effluvi delle pipe ad acqua e un immaginario sempre in movimento che ci vedeva in cerca di cavalli da affittare per attraversare il Paese (cosa che poi si limitò a una cavalcata a Band-i-Amir). Mentre cercavamo i cavalli, andammo un giorno al Peace Hotel, luogo di culto in Chicken Street assai più caro della guest house in cui abitavamo noi, un po' più defilata ma  sempre a Shar-e-Naw.


E proprio al Peace incontrammo un altro protagonista degli Anni luce milanesi: Ernesto Branca detto Tito. Anche lui, come Spratt, ci ha da poco lasciati. Ricordo bene che Tito, vestito con eleganti abiti orientali, ci prese in giro perché eravamo - al nostro primo viaggio in India - ancora con jeans e maglietta e non con la lunga kurta sovrastata dal wascat, il gilet d'ordinanza degli afgani. La roboante risata di Tito per un attimo ci seppellì.

Tito lo rincontrai diverse altre volte in quel viaggio e poi ancora a Milano e ultimamente in Liguria dove si era costruito una casa da vero frikkettone d'antan. Con un'aria che faceva delle colline liguri la prosecuzione immaginifica dell'Himalaya. Spratt invece l'ho anche reincontrato nella mia professione di reporter, anche lui, come me, giornalista. Gli argomenti delle nostre discussioni erano sempre gli stessi: che fine aveva fatto l'Afghanistan dove entrambi eravamo stati nel "periodo d'oro" e che adesso era sprofondato nella guerra civile seguita all'invasione sovietica? Paolo "Spratt" era stato tra i primi a seguire le vicende di quel Paese con un reportage da Darra Adam Khel che raccontava il traffico d'armi dietro le quinte pachistane.

Tito, sassofonista e filmaker, aveva invece alle spalle - l'ho scoperto solo recentemente - una pubblicazione ciclostilata nel quartiere di Brera  (Provo o Provos) che raccontava in Italia i semi gettati da quel movimento olandese che ispirò il '68. Insomma, entrambi furono protagonisti, a diverso titolo, di un periodo fantastico dove la voglia di viaggiare e la curiosità del mondo si fondevano  con l'impegno politico ma anche con giornate intere passate semplicemente  a guardare il paesaggio.

Nel ricordare Spratt e Tito (e Fiorenzo e  Marchino e Damiano, Giovanni, Guido e i tanti che ci hanno lasciato), c'è l'amara constatazione del "lento stillicidio del diventar vecchi", tanto per citare Kerouac nell'ultima pagina di "Sulla strada", ma c'è anche il senso - confortevole - di una stagione passata insieme. Dove in tanti piccoli protagonisti abbiamo contribuito, ognuno a suo modo, a scrivere la storia degli "Anni Luce". Buon viaggi a Spratt e Tito. Per ovunque sia.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Che la terra vi sia lieve

Anonimo ha detto...

Un bel ricordo, grazie Manulo. Un pensiero leggero che raggiunga i nostri amici andati nel luogo che nessuno sa. Maria