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venerdì 28 marzo 2008
I MISTERI DELLE TRIBAL BELT
Il nuovo governo pachistano potrebbe mettere la mordacchia alle incusrioni segrete dei predator americani a caccia di qaedisti in Pakistan. Che finora hanno violato la sovranità aerea del paese col beneplacito di Musharraf
Tratto da Lettera22.
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A Landi Kotal il minimo che possa capitare è che il vostro accompagnatore, di solito un soldato delle Frontier Corps con impeccabile divisa nera che siete obbligati ad associare all'autista e all'auto appena affittata, vi sconsigli di scendere. Da queste parti il Pakistan è solo un attributo geografico di scarso valore benché Landi Kotal si trovi sulla strada che collega il cuore dell'Afghanistan al subcontinente indiano e che costituisca una delle vie maestre tradizionali del commercio interasiatico. Amabili pathan col tradizionale pakol di lana marrone girano per il mercato con la carabina e l'amministrazione della giustizia e delle beghe locali è affidata alle jirga, assemblee tribali dove malik e capi villaggio dettano le regole. La strada che da Peshawar, passando per Landi Kotal, arriva al passo di Kyber, sale accompagnata da enormi fortilizi di cemento senza finestre. E non solo perché non si usa guardare in casa d'altri. In molte di queste dimore trovano rifugio, oltre alle raffinerie d'eroina, qaedisti e talebani. E' in questo paesaggio, un po' particolare da ben prima della “guerra al terrore”, che il numero due del Pentagono John Negroponte e il suo sottosegretario Richard Boucher, sono andati a far visita a diversi capi tribù. Probabilmente, oltre ai soldati delle Fc, erano ben protetti. La Cia ha avviato da queste parti un intenso programma di spionaggio che si avvale della collaborazione dei servizi pachistani e di un certo numero di spioni. Che riescono, se non a guardare dentro i castelli della tribal belt, l'aera tribale delle sette agenzie speciali che fanno parte della provincia della Frontiera pachistana, almeno a raccontare chi entra e chi esce. E' abbastanza raro che personaggi di questo calibro si avventurino in un genere di località dove in questa settimana, per dirne una, diverse decine di persone sono state ammazzate per una faida scoppiata tra gli Orakzai e i Katchai, due tribù potenti di un'area turbolenta dove jiadisti e qaedisti, talebani afgani e neo talebani afgano-pachistani hanno organizzato i loro santuari, approfittando di una situazione di sottosviluppo endemico e di grande distanza di questa periferia tribale dai centri amministrativi e della ricchezza “legale” del Pakistan della pianura. Ma la missione di Negroponte aveva un senso. Ufficialmente gli americani hanno in queste zone una ventina di istruttori militari e un programma di sviluppo quinquennale da 750 milioni di dollari. Ma la rete va ben oltre perché sta servendo, prima che si chiuda la “finestra Musharraf”, a fare il lavoro sporco: omicidi mirati condotti da predator americani in completa quanto tollerata violazione dello spazio aereo nazionale. Questa storia, che ufficialmente viene negata a Islamabad come a Washington, è stata raccontata diffusamente dal Washington Post che anche ieri ricordava ben tre “strike” segreti nel solo 2008: 16 marzo, 28 febbraio, 29 gennaio. In realtà pare che gli aerei senza pilota abbiano colpito anche negli anni precedenti. L'esercito pachistano si assumeva la responsabilità. Ma ora? Con Musharraf in difficoltà e un governo che non sembra proprio quello che gli americani avrebbero voluto, bisogna fare in fretta. Le indiscrezioni dicono che la Cia vorrebbe fare di più: mandare ad esempio truppe di terra. Locuzione che, di questi tempi, fa rabbrividire qualsiasi candidato alla presidenza. Ma poiché la guerra al terrore continuerà quale che sia il prossimo inquilino della Casa Bianca, tutti sembrano d'accordo che bisogna sfruttare la finestra prima che si chiuda. Prima, insomma, che il Pakistan smetta di essere, come ha spiegato a Negroponte Nawaz Sharif – leader del secondo partito pachistano – il “killing field” degli americani. Sia Sharif, sia Zardari, il leader del primo partito pachistano, sia il neo premier Gilani hanno messo la sovranità nazionale e il negoziato al primo posto. E anche se Gilani ha rassicurato sulla continuazione della guerra al terrore, gli inviati americani, pare creando qualche dissapore per patenti violazioni del cerimoniale, hanno preferito andar di persona a vedere quanto ancora, nelle aree tribali, la finestra potrà rimanere aperta.
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