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domenica 27 luglio 2008
ANCHE GLI STADI HANNO MEMORIA
Kabul - Il filo lucido di sudore che corre lungo la schiena di Khaled scintilla sotto l'ultimo sole che bacia lo stadio Ghazi di Kabul. E' ben diverso dal colore delle lacrime che devono aver inondato questo pezzo di terra sfibrata dove un alacre guardiano tenta disperatamente, e con un filo d'acqua, di riplasmare un tappeto erboso che sembra aver subìto, oltre alle angherie del tempo, quelle delle mille guerre che l'Afghanistan conosce dalla fine degli anni Settanta. Lo stadio Ghazi era l'arena in cui i talebani di mullah Omar radunavano le folle per assistere a lapidazioni ed esecuzioni sommarie. Andarci, come ci raccontarono allora quando ancora i turbanti dettavano legge su tutto il paese con l'esclusione della piccola enclave del Panjshir, era un obbligo etico. Piacesse o meno, era quello lo sport che doveva allietare i giorni di festa. Ma adesso che quel ricordo è lontano, sembra lontana anche la guerra che si combatte nelle province del Sud e che si fa ogni tanto sentire con gli attacchi kamikaze sin dentro la capitale (proprio qui, allo stadio, i talebani hanno attentato alla vita di Karzai in aprile). Khaled corre approfittando della clemenza di un luglio torrido che a sera regala qualche refolo di vento più fresco. Si allena, come può, per diventare un centometrista. Scarpette da ginnastica più grandi del suo numero e una sacca sportiva un po' slabbrata. Né cronometri, né allenatori. Nemmeno un famigliare con la bottiglietta d'acqua. Ma la passione c'è tutta...
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