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martedì 5 agosto 2008

I GIOCHI E LA MINACCIA UIGURA



La polizia cinese non ci ha messo molto ad identificare i due sospetti responsabili dell'attentato avvenuto ieri mattina a Kashgar (Kashi, in cinese; a dx un'immagine di un mausoleo fuori città), nella regione occidentale della provincia dello Xinjiang e costato la vita a 16 poliziotti. Altrettanti i feriti. Una strage in piena regola a soli quattro giorni dalla data dell'8 agosto, apertura ufficiale delle Olimpiadi di Pechino. Si tratta di due uiguri, la comunità autoctona della provincia: età 28 e 33 anni. Sarebbero stati arrestati subito dopo l'attacco. Si trovavano a bordo dell'autocarro che ha investito un gruppo di una settantina di agenti che faceva jogging a un centinaio di metri dal commissariato di polizia: esercizio fisico di routine quotidiano, dicono le cronache. La reazione delle forze di sicurezza è stata rapida ma l'avvenimento, senza precedenti, resta un colpo fortissimo per Pechino a un pugno di giorni dall'apertura dell'evento dell'anno in calendario venerdì.
L'attentato, attribuito ai separatisti del "Movimento islamico del Turkestan orientale" (Etim), è stato ricostruito dalla polizia locale come un piano messo in essere da due sole persone: i due attentatori erano a bordo di un camion dal quale hanno lanciato granate contro gli agenti per poi attaccarli all'arma bianca con dei coltelli. Quattordici agenti sono morti sul posto, due mentre gli altri venivano trasportati in ospedale. L'attacco è avvenuto in una zona centrale di Kashgar, una città considerata tra le roccaforti di un movimento separatista con molte declinazioni, più o meno radicali, e che si trova a pochi chilometri dalla frontiera col Tajikistan. Erano le otto del mattino e appare onestamente eclatante che due sole persone abbiano potuto, pur con bombe alla mano e forti dell'elemento sorpresa (avrebbero usato un camion dell'immondizia), colpire così a colpo sicuro uccidendo un tale elevato numero di uomini in divisa (non c'è notizia di vittime civili). Per i cinesi, per i quali gli uiguri sono la nuova ossessione dopo i tibetani, lo smacco è fortissimo.
Il Comitato olimpico getta acqua sul fuoco: "Siamo sicuri che le autorità cinesi faranno il possibile per garantire la sicurezza di tutti coloro che parteciperanno ai Giochi", dice Giselle Davies, portavoce del Cio, che fa così capire di non temere rischi per le Olimpiadi anche dopo l'attentato che ha sconvolto lo Xinjiang. Ma dopo aver espresso il suo "cordoglio alle famiglie delle vittime" la Davies non ha voluto rilasciare altri commenti sulla strage. Che resta invece una notizia preoccupante. La domanda vera infatti è cosa succederà nei prossimi giorni e se dunque bisognerà tenere o meno in considerazione le molte minacce fatte dalla galassia radicale uigura. Nei giorni scorsi Pechino aveva smentito le imprese di un sedicente Partito del Turkestan orientale sostenendo che millantava credito. Ma alcune bombe sugli autobus, pur con diverse vittime civili, non sono 16 poliziotti uccisi in un colpo solo: target militare e azione di guerra in piena regola.
Pechino aveva dato anche grande risonanza ad arresti di separatisti e ad azioni che avrebbero disinnescato ordigni e attentati. Ma la vicenda di ieri compromette l'immagine di un'efficienza che nella capitale è comunque facilmente percepibile. Le misure di sicurezza sono sotto gli occhi di tutti. Ma benché la strage sia avvenuta a 2500 chilometri da Pechino, per i garanti dell'ordine, l'attentato di ieri resta una pessima notizia e turba un clima la cui serenità è sempre molto a rischio. Inoltre lo stesso dipartimento per sicurezza pubblica regionale dello Xinjiang aveva in mano informazioni di intelligence secondo cui l'Etim aveva pianificato attentati terroristici da compiere tra il primo e l'8 agosto, giorno di apertura dei Giochi. Si saranno esauriti con quello di ieri?
Di fronte alla strage dei poliziotti è passata logicamente in secondo piano la manifestazione che un gruppo di famiglie di sfrattati da un quartiere centrale di Pechino, rinnovato in vista delle Olimpiadi, ha denunciato ieri alla stampa estera con una rischiosa manifestazione di piazza ancorché con numeri ridotti: gli ex residenti di Qianmen Dajie, la zona trasformata in una via commerciale che sarà inaugurata ufficialmente alla vigilia dei Giochi, hanno dimostrato per circa mezz'ora davanti ai media stranieri: «La felicità delle Olimpiadi – ha detto uno di loro - è stata costruita sul nostro dolore». Poi sono stati bloccati dalla polizia che, una volta sul posto, ha sciolto l'assembramento.

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