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lunedì 4 agosto 2008

KABUL, PIU' SIMILE A BOGOTA' CHE A BAGDAD



Kabul - Ray-Ban a specchio e colletto esagerato sulla camicia candida, bianca, come la "Corolla" con i sedili pavimentati da una finta pelliccia. Pantaloni a zampa di elefante e scarpe lucide a punta. Un paio di cellulari. Lo sguardo da venticinquenne scafato. Non fosse per tutto questo svolazzare intorno di salwar kamiz, volteggiar di turbanti e lunghe barbe a incorniciare tratti indoeuropei anziché i volti indigeni dell'altopiano, sembrerebbe di essere nella zona Rosa di Bogotà, calle 82, o al barrio La Perseverancia dietro alla Plaza de Toros, dove i ragazzi di vita colombiani vivono la loro stagione da pandilla di quartiere o il loro prossimo futuro da killer professionisti. Ma qui siamo a Kabul, a Jodi Maiwand, al Parco di Shar-e Naw o nei dintorni della grande moschea, a ridosso del municipio della capitale, che i sauditi hanno voluto costruire e che è ormai giunta alle battute finali. E se i grandi centri commerciali, sorti come funghi in questi sei anni di guerra, assomigliano assai di più ai loro confratelli edilizi di Abu Dhabi che non al Centro comercial Calle Real della Candelaria, l'odore del narcodollaro qui, come a Bogotà, sembra trasudare tra questi almacen che vendono Rolex d'oro e telefonini di ultima generazione con la sola differenza che a Kabul si chiamano ancora bazar....

Leggi tutto il reportage sul il Diario quindicinale in edicola in agosto o su Lettera22

1 commento:

Anonimo ha detto...

La strategia americana prevedeva anche questo: eliminare i Taliban e corrompere l'animo gli Afgani. Così oltre ai bombardamenti ed ai corpi dilaniati, il lato oscuro di questa sporca guerra è rappresentato dal saccheggio di questo paese, delle sue ricchezze, ma soprattutto delle sue tradizioni. Più che esportare la democrazia, gli americani hanno esportato la cultura occidentale nell'apice della sua decadenza, con tutto il suo edonismo e la sua idolatria. Il parallelo con Bogotà è eloquente anche per la comunanza fra "guerra al narcotraffico" in Colombia e "guerra al terrorismo" in medioriente. Strategie pensate a Washington e abortite nel più nero dei fallimenti sul campo. In America Latina le terre dei contadini in fiamme e le tasche dei narcos ancora più gonfie di prima, in Afghanistan morti innocenti e campi pieni di papaveri da oppio. Ora la immagino meglio Kabul, opulenta, peccaminosa, corrotta, molto occidentale, molto americana.