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mercoledì 10 settembre 2008

MISTERO NORDCOREANO



Kim Jong-il è sparito. Morto, malato, già sostituito in sordina? Le ipotesi si sprecano. Ma un piano per il "dopo Kim" già c'è. Anche a Pechino

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"Che fine ha fatto Kim Jong-il"? A volerla vedere dal lato buffo, potrebbe essere un buon titolo per il prossimo festival di Venezia o per quello del cinema asiatico. Ma assai meno simpaticamente è la domanda reale che da qualche tempo in molti si stanno facendo in Asia e non solo. Una domanda che ieri è passata, dalle stanze della pura speculazione a quelle meno eteree del realismo politico, dopo che il 66enne leader del regime nordcoreano ha disertato nientemeno che la solenne parata militare che a Pyongyang festeggiava il 60mo anniversario dalla fondazione della Corea del Nord.
I giornali nipponici e coreani, i più attenti alle mosse dell'imberbe figlio di Kim Il-sung, fondatore della "monarchia rossa" del "regno eremita", gli hanno fatto subito i conti in tasca: il "giovane" Kim, il "caro leader", non compare in pubblico dallo scorso 14 agosto. E, secondo alcune speculazioni di marca giapponese, sarebbe addirittura morto nel 2003. A farsi vedere in pubblico sarebbe un sosia che lo avrebbe lungamente tenuto in vita artificialmente. Anzi, c'è chi dice che i sosia siano quattro e predisposti e selezionati proprio dal caro leader quand'era in buona salute. C'è anche chi specula su un suo allontanamento da parte di una nuova cricca di potere ma questa, come altre, sembrano idee poco convincenti: buone forse per qualche giallo sulla "cortina di bambù" ma che non fanno i conti con un sistema di potere molto centralizzato e rettosi per anni su una sorta di mutuo soccorso tra militari e presidenza.
Gli analisti più seri, citati dalla rivista Online Asiatimes, sono di diverso avviso. Secondo Toshimitsu Shigemura, della Waseda University di Tokyo, le possibilità che Kim sia morto in effetti sono elevate: l'oramai non più ragazzino, forte fumatore e bevitore, soffriva di diabete, difficoltà circolatorie, disordini al fegato e anche di qualche forma psicopatologica. Ha ragione dunque la stampa giapponese secondo cui Kim sarebbe morto in agosto? O hanno ragione gli americani che ipotizzano un ictus?
Per Shigemura la Corea del Nord si sarebbe comunque dotata di una sorta di leadership collettiva per gestire la transizione e preparare il dopo-Kim. I nomi? Kim Yong-nam, l'attuale segretario del Comitato centrale, e Chang Sung-taek, il cognato del caro leader, anche lui alto papavero del Partito del lavoro di Corea. Non pensa invece che Kim sia già morto Lee Young-hwa, portavoce del Rescue the North Korean People! (Renk), un gruppo di attivisti che ha sede in Giappone dove si occupa di rifugiati nordcoreani. Lee, che è di origini niordcoreane e insegna economia, pensa che Kim sia ancora vivo ma non proprio vegeto. Potrebbe esser affetto da Alzheimer. Quanto al potere, anche Lee concorda su Chang Sung-taek ma aggiunge il nome di Kim Jong-nam, il figlio maggiore di Kim Jong-il.
Rosella Ideo, dell'Osservatorio "Asia Maior", coreanista e storica che insegna a Trieste, è molto più cauta: "Che il figlio maggiore di Kim sia il designato mi pare azzardato. Ha 37 anni, il padre non ha mai fatto il suo nome e inoltre è stato "pizzicato" in Giappone sotto mentite spoglie mentre andava a divertirsi... una scappatella che gli è costata una sorta di esilio punitivo a Macao. Quanto agli altri figli - due maschi e una femmina - la donna è fuori discussione e degli altri si sa solo che hanno studiato in Svizzera. La verità – aggiunge – è che davvero non sappiamo nulla di questo ermetico paese. Sappiamo solo del rapporto strettissimo tra Kim, con in mano il potere reale ma che non poteva fare a meno dell'esercito, e i militari, con una fortissima relazione con lui necessaria alla legittimazione dei loro privilegi. I militari sono potentissimi anche economicamente e dunque nella transizione giocheranno un ruolo. Quale sarà? Difficile dirlo ma certo un piano è stato preparato". Non solo dai nordcoreani, dice Ideo: "Un piano per Pyongyang lo hanno fatto anche i cinesi e di questo c'è certezza. Ma è un piano con grandi cautele che potrebbe però non escludere, se il paese dovesse sprofondare nel caos, anche un intervento di Pechino". Un'ipotesi che agli stessi cinesi non piacerebbe molto. A Pechino sanno bene che a Washington stanno monitorando la cosa molto seriamente. E che gli Usa hanno ancora in Corea del Sud 27mila soldati.

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