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martedì 2 settembre 2008

OLTRE GUSTAV (Un'occhiata anche a Oriente)



Con oltre un milione di senza tetto e almeno cinquecentomila persone ancora isolate dall'acqua, l'esondazione il 18 agosto scorso del corso d'acqua himalayano Saptakoshi, che diventa - passato il confine del Nepal dove ha origine - il fiume Kosi al suo ingresso in India, sta mettendo a durissima prova le operazioni di soccorso messe in piedi dall'Unione indiana nel popolosissimo stato nordorientale del Bihar. L'acqua ha invaso interi villaggi e le barche dell'esercito, poco meno di un migliaio, traghettano non senza difficoltà e senza sosta centinaia di persone che cercano di mettersi in salvo dalla furia delle acque: ben oltre la portata dei battelli militari, e dopo che, in molti casi, sono sopravvissute accampandosi in qualche modo sui tetti delle case rimaste ancora in piedi e sferzate da una pioggia battente che concede solo timidi intervalli di qualche ora. Il bilancio ufficiale è per ora di oltre settanta morti ma nessuno dubita che, una volta raggiunte le località più isolate e stilato il bilancio definitivo della catastrofe, la cifra possa lievitare.
L'enorme violenza con cui il fiume ha invaso le campagne nepalesi prima e quelle indiane poi, non si deve solo all'aumento di portata d'acqua del fiume che inevitabilmente cresce nella stagione monsonica estiva ( giugno-settembre) ma anche dalle brecce apertesi nella diga nepalese che regolamenta le acque del Saptakoshi nel territorio amministrato da Kathmandu. Senza più il freno della diga, un'enorme massa d'acqua ha prima esondato in Nepal, lasciando almeno 50mila persone senza casa e distruggendo un migliaio di case, ma ha poi rapidamente attraversato il confine rompendo gli argini del medesimo fiume che in India cambia solo di nome. In Bihar la potenza delle acque del Kosi (un fiume che si getta nel Gange) si è rovesciata nell'area umida della piana indogangetica, una zona dell'India dove l'agricoltura trae la sua ricchezza proprio dall'acqua in un'area nota per le sue risaie e la qualità del prezioso alimento. Le piogge estive hanno fatto il resto complicando ulteriormente la situazione mentre la diga, praticamente impossibile da riparare in questa stagione, continuava a mandare acqua da oltre frontiera.
In India si calcola che per ora l'alluvione, che interessa una quindicina di distretti e circa tre milioni di persone, abbia lasciato senza casa almeno 1.200 agricoltori e il governo, colto alla sprovvista anche perché il danno è arrivato da oltre frontiera, è adesso sotto pressione e attraversato dalle polemiche che accusano lentezza e inadeguatezza nella capacità di reazione, affidata in sostanza all'esercito. Riferiva ieri la Bbc dal campo di raccolta di Bageecha, nella zona orientale di Purnea, che il suo inviato nelle zone alluvionate ha potuto constatare che nei campi allestiti ai margini del disastro ambientale - e in gran parte messi in piedi da volontari - manca un coordinamento nazionale e che la gestione delle migliaia di sfollati è affidata in gran parte al buon cuore dei locali che aiutano i connazionali in arrivo dalle zone alluvionate. Quanto agli scarni resoconti che giungono dalle zone colpite, l'immagine è quella di interi villaggi spazzati via e di contadini che cercano di mettersi in salvo sui battelli militari ben al di là della dozzina di persone che potrebbero portare. L'esercito ha mobilitato anche l'aviazione che ha finora trasportato da Delhi almeno 200 tonnellate di alimenti e strutture e messo in campo una squadra di elicotteri.
In questa regione dell'Asia gli alluvioni sono all'ordine del giorno (nel 2005 si registrarono 3.400 vittime) ma questa volta la vicenda “naturale” e corredata da polemiche molto umane: secondo l’accordo che, da diversi decenni, regola il contenzioso sulle acque tra i due paesi, il governo del Bihar avrebbe dovuto provvedere alla manutenzione degli argini del Kosi, mentre ai nepalesi spetta tenere d'occhio la portata d'acqua del fiume che bagna i due stati confinanti. Ma sia Delhi che Kathmandu devono aver lasciato correre visto che gli argini in India hanno ceduto e che il Nepal non è stato in grado di prevedere che la diga avrebbe potuto cedere. Un brutto colpo anche per le già fragili relazioni tra i due stati in un momento in cui il Nepal vorrebbe ridiscutere tutti gli accordi più importanti che lo legano all'India.

1 commento:

marcella candido cianchetti ha detto...

complimenti un interessante blog con molti belli articoli buona giornata