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domenica 19 ottobre 2008

AGGUATO A HERAT



Herat, Badghis, Farah. Sono questi i territori dove i soldati italiani devono tener d'occhio una situazione in graduale peggioramento. Anche perché non ci sono solo i talebani di mullah Omar...


Si alza il livello dello scontro, spiega ai giornalisti il ministro La Russa dopo l'attentato kamikaze ieri a Herat che ha ferito cinque militari italiani. Dice ciò che è già noto e già registrato sul terreno dai soldati italiani che hanno la responsabilità del presidio di Herat. Un presidio che li porta a controllare una zona ad alta tensione al confine occidentale afgano, lungo la frontiera che separa l'Afghanistan dall'Iran. Per dirla con le parole di un generale che ha passato molto tempo in Afghanistan "i nostri uomini partono al mattino ma non sono certi del modo in cui torneranno alla base". Territorio ostile e nel quale anche il consenso della popolazione locale sembra sempre più in calo: "ci sono villaggi dove i nostri convogli vengono presi a sassate", ci confida un comandante italiano a Herat durante una visita alla regione sotto comando italiano.
Gli uomini che ieri sono stati feriti fanno parte dell'Operational Mentoring and Liason Teams (Omlt), squadre di militari della forza Isaf-Nato, incaricati di addestrare l'esercito afgano (Ana) non solo a livello tecnico-teorico ma direttamente sul campo. Sono spesso fianco a fianco e accompagnano i soldati afgani in missione. Le unità sono composte da un numero di soldati che varia da una dozzina a una ventina e si tratta sempre di personale selezionato che ha esperienza e proviene da reparti d'élite. Cinque sono gli Omlt italiani che addestrano i soldati afgani e queste squadre sarebbero ricalcate sugli Ett statunitensi (Embedded training teams) che svolgono la stessa attività nell'ambito dell'operazione Enduring Freedom, l'altra missione a guida solo americana che opera, creando non pochi problemi, parallelamente alla missione Isaf-Nato nel paese asiatico. Il 31 agosto due militari italiani che facevano parte di queste squadre rimasero feriti durante un'operazione logistica a Bala Morghab, nella provincia di Badghis e sempre militari italiani di queste unità avrebbero in passato già partecipato a scontri a fuoco con i talebani.
Herat, Badghis, Farah. Sono questi i territori dove i soldati italiani devono tener d'occhio una situazione in graduale peggioramento. Anche perché non ci sono solo i talebani di mullah Omar. Herat è una zona di antica vocazione guerriera con una lunga storia di milizie a suo tempo comandate dall'ex governatore della provincia Ismail Khan, finito poi ministro del governo Karzai. Poi, riferiva l'emittente araba Al Jazeera, ci sono personaggi come l'ex sindaco della capitale della provincia di Herat, Ghullam Yahya Akbari, che vive tra le montagne e conta su una ventina di basi. Intervistato ha detto che non intende negoziare e non vuole fare come mullah Omar se questo sceglierà di trattare. Difficile definirlo un talebano. A lui si attribuiscono rapimenti di ostaggi probabilmente più a fine di lucro che per vera motivazione politica.
In quelle regioni al confine si muovono spezzoni di milizia alleate alla grande rete del contrabbando trans frontaliero dei vari signori della guerra e delle armi, molti dei quali oggi sono signori dell'oppio: sia a Badghis che ad Herat i livelli di produzione non sono paragonabili a zone come Helmand o Kandhar ma già nel 2007 gli uffici dell'Onu di Kabul denunciavano un incremento delle coltivazioni tra il 10 e il 50%.

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