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domenica 16 novembre 2008

POKER CON DIO NEL PAESE DELLE MILLE PAGODE




“Fisicamente è elegante e minuta, ma in statura morale è un gigante”, disse di lei Desmond Tutu, premio Nobel per la pace 1984. Anche Aung San Suu Kyi ha ricevuto il premio Nobel per la pace ma le sue parole fanno fatica a filtrare dal cancello di ferro che divide la sua casa-prigione dalle strade di Rangoon e da quelle virtuali della rete, della tv o della radio.
Ogni tanto però qualcuno ci riesce a parlare con questa signora, figlia di un'eroe dell'indipendenza birmana che ha scelto la politica e, con lei, gli arresti domiciliari dal 1989. Nemmeno gli stati “amici” del Sudest asiatico sono riusciti far cambiare idea alla giunta e così Aung San Suu Kyi continua a utilizzare i pochi viaggiatori che, armati di penna e taccuino, si offrono di trasmettere il suo messaggio al mondo. Tra questi c'è anche Alan Clements, un giornalista americano che ha attraversato come molti cronisti il mondo insanguinato delle guerre, dei conflitti etnici o apparentemente religiosi, fino ad approdare nel paese delle mille pagode.
Lì Clements ha vissuto sette anni in un monastero ed è stato il primo americano a diventare un monaco buddista (poi è stato espulso) nell'ordine delle tuniche colorate che, oltre un anno fa, hanno attraversato il paese sfidando i fucili dei generali e la scarsa attenzione di un pianeta disposto a dimenticarsi in fretta di loro. “Eppure - dice Clements, in Italia per l'aggiornamento di un suo vecchio colloquio con la Nobel birmana che è uscito in questi giorni per Corbaccio (La mia Birmania, Aung San Suu Kyi conversazione con Alan Clements) - la Birmania è così vicina. Così vicina anche a Roma, a voi italiani”. Agita le mani lunghe nell'atrio di un albergo di charme vicino a Piazza del Popolo, nel cuore di Roma, come se volesse disegnare un mondo senza confini: “la Birmania è una grande produttrice ed esportatrice di eroina e ha laboratori sparsi lungo il confine per invadere con l'anfetamina il mercato thailandese, per arrivare in America, in Canada. La Birmania è vicina”. E' ovunque, sembra dire questo monaco-militante che pare aver fatto del messaggio non violento di Aung San Suu Kyi la sua missione. E quando cerchiamo di sviarlo dal contenuto del libro, un lunghissimo colloquio di 350 pagine a cui Alan ha rimesso mano più volte, Clements vi ritorna come se, sia ben chiaro, non fosse qui per parlare di sé, del suo sé, ma delle parole di lei. Noi invece siamo incuriositi anche dal personaggio, dalla scelta estrema, dall'occidentale che si fa monaco e che poi gira il mondo per raccontare quello che una donna dai tratti sottili e aristocratici riesce solo con difficoltà a raccontare
Clements, nel suo libro si parla di guerrieri della pace. Ma non è una contraddizione in termini? La lotta del guerriero non diventa per forza violenta specie se chi è dall'altra parte...
La Birmania è un paese di ostaggi, affamato, ridotto al silenzio e alla paura. E dall'altra parte ci sono i militari, i fucili. Ma un mezzo per combattere senza usare il fucile esiste: è la “rivoluzione dello spirito” di cui parla Aung San Suu Kyi, la coscienza di una consapevolezza che si fa forza di cambiamento
Il coraggio è un elemento chiave, scrive nel suo libro
Il coraggio è la speranza, lo strumento per agire, uscire dalla propria persona e coinvolgere la gente. E' necessario perché la nostra libertà esiste solo se sono liberi gli altri
Ma se sparano sul coraggio che ne rimane? Da una parte gli ostaggi dall'altra i generali appunto...
Aung San Suu Kyi non ha mai chiesto una soluzione alla sudafricana, tribunali, prigione interventi esterni per cambiare le cose. Lei dice ai generali che loro sono parte della soluzione. Fa appello alla loro coscienza. Vede in Birmania ci sono due grandi forze: i generali da una parte, e dall'altra una donna non violenta. La sua lotta è non violenta e non potrebbe cambiare idea. Tradirebbe quanti l'hanno seguita. Dice che è umano difendersi ma che se cercassimo di prendere il potere con le armi....si romperebbe ogni speranza
Ma ha speranze una lotta non violenta in Birmania?
Ci devi credere. Sembra impossibile ma se ci credi, lei dice, ti senti più sicuro di quel che fai
Ma lei Clements, lei crede che ci sia soluzione?
Io..bhe non posso dire quello che penso. Non ci starebbe in un'intervista...Guardi se io potessi “comprerei i generali”. Tutto ha un prezzo e dunque li manderei in pensione magari in Cina con tutti i piaceri che desiderano
La non violenza è la soluzione...
Questo è il suo messaggio. Un messaggio forte da una donna che è anche leader, madre, premier...E' una voce che parla attraverso il silenzio. Più forte delle armi
Lei ne è convinto?
E' un poker con Dio

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