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martedì 27 gennaio 2009

L'AFGHANISTAN DI CASPANI E CAGNACCI


Nel 1951, l'editore Vallardi, pubblico' "Afghanistan crocevia dell'Asia" di E. Caspani ed E. Cagnacci, due sacerdoti vissuti per 15 anni nel paese governato allora dalla monarchia Durrani. Per un singolare motivo, forse dovuto a una sorta di desiderio di dissimulazione o per un eccesso di umiltà, i due autori firmarono il libro solo con le iniziali del nome: E. Il fatto e' che essere preti in Afghanistan non era come dirlo. E anzi, poiche' Kabul consentiva che solo un sacerdote, in qualita' di cappellano dell'ambasciata, mettesse piede nel paese islamico, Cagancci vi arrivo' in abiti civili, come un qualsiasi addetto della legazione. Questo bel libro - che riposa sulla mia scrivania emanando l'odore classico delle vecchie stampe, colorate da intense macchioline giallo, cancro inesorabile della storia scritta - e' un dono, apprezzatissimo, che mi ha fatto padre Giuseppe Moretti, l'attuale "cappellano" dell'ambasciata ma che un attento osservatore – quantomeno notando l'anello che porta - non dovrebbe tardare a chiamare monsignore. Moretti e' infatti non solo il sacerdote che gestisce l'unica chiesa del paese, ma anche il rappresentante della Santa sede, in mancanza di una nunziatura. La sua diocesi e' l'intero Afghanistan e il suo incarico pastorale lo equipara a un vescovo a tutti gli effetti, oneri e privilegi compresi. Le mie visite a casa sua sono altrettanti tentativi, non solo di carpirgli i racconti della sua esperienza afgana, ma di spingerlo a scrivere lui stesso il suo vissuto, che e' poi quello della Chiesa in questo paese: un pezzo di storia che forse riposa nelle stanze della segreteria di Stato ma che il pubblico non conosce. Una storia affascinante che non e' quella di un'evangelizzazione strisciante ma semmai di un servizio reso alla comunita' dei credenti, i molti occidentali che vivono in questo paese e che fecero richiesta di avere un pastore di anime per nutrire la propria spiritualita' in queste terre lontane.

Riconoscendo la mia curiosita' di cronista con velleita’ intelletuali, padre Moretti mi ha dunque regalato questo bel libro che mi piacerebbe accoppiare a quello che, negli stessi anni, si andava formando sotto la penna attenta dell'ambasciatore Quaroni, un uomo che Mussolini aveva mandato in Afghanistan a rappresentare l'Italia. Nel suo "Valigia diplomatica", edito da Garzanti nel '56 (non ho il testo originale e quindi mi baso sulle note introduttive di Alberto Lucchetti), Quaroni scrive: "...non so per quali misteriose ragioni quando trattammo con l'Afghanistan per lo stabilimento delle relazioni diplomatiche fra i due paesi, soli fra tutte le legazioni cristiane avevamo chiesto - ed ottenuto – il diritto di avere un cappellano addetto alla nostra legazione".
"Per molti anni, non avevamo fatto uso – scrive ancora - di questo diritto, poi finalmente questo famoso cappellano si era materializzato nella persona di padre Caspani, barnabita. Il nostro trattato non ci permetteva che di averne uno: per un complesso di ragioni, l'Ordine aveva invece desiderato che i padri fossero due: per questo, il secondo, padre Cagnacci, lo si era dovuto mascherare da corriere; vestiva l'abito civile, e non figurava ufficialmente come prete. Tutti però lo sapevano, gli afgani per primi: ma così il principio era salvo. Abitavano tutti e due al pianterreno della Legazione, accanto alla nostra piccola cappella".
Ma di Quaroni vorrei raccontarvi ancora. E anche di Caspani e Cagnacci. Ma non prima di aver letto il libro.

2 commenti:

giorgiogaudino ha detto...

Sono Giorgio Gaudino ex allievo del Vittorino da Feltre di Genova (Padri Barnabiti). Possedevo il libro ma purtroppo non é più in mie mani. Come posso fare per averlo?
Ringrazio e saluto cordialmente. Giorgio Gaudino

Manu ha detto...

mi spiace giorgio, non so come aiutarla se non suggerendo di farne una copia fotostatica in biblioteca (i barnabiti dovrebbero averla). E' a tutt'oggi un ottimo libro che meriterebbe una ristampa