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mercoledì 28 gennaio 2009

LA VALIGIA DI PIETRO QUARONI


Di Pietro Quaroni parlavamo ieri. Classe 1898, era entrato in diplomazia giovanissimo e il suo primo incarico importante sarà l'ambasciata a Kabul nel 1936, in pieno Fascismo. Quaroni sa, e scrive nel suo “Valigia diplomatica”, che per l'Italia Kabul non è una priorità, anche se il Duce ha delle idee e per altro, all'inizio del secolo, all'epoca di Amanullah (1919-1928), Roma era stata una delle prime capitali a riconoscere l'indipendenza dell'Afghanistan (1919). Lo stesso Amanullah, obbligato ad abdicare da Baccà-ye Saqqao, morirà poi in esilio in Italia nel 1960 (per l'esattezza Amanullah morì in Svizzera ma lui e la famiglia abitavano a Roma, in Via Orazio nel quartiere Prati, oggi ambasciata della Nigeria.

Lontano dagli occhi e dal cuore, Quaroni fa il suo mestiere nella Kabul dell'epoca, un posto che lo strega ("...una notte d'estate a Kabul è fra le cose più belle di questa terra: c’è una freschezza discreta, vellutata, nell'aria; tutto è calmo, tranquillo, il cielo è come illuminato; si direbbe che ci sono molte, ma molte più stelle di quanto non se ne possano vedere da noi. Chi mi aveva detto pochi giorni prima: Che posto meraviglioso sarebbe il mondo se non ci fossero gli uomini?...”). Secondo il mio vecchio amico Adriano Savio, uno storico della moneta amante dell'Afghanistan che per la prima volta mi parlò di questo particolarissimo diplomatico, Quaroni era stato mandato a Kabul anche perché Mussolini non lo amava e lo preferiva lontano, in una sede dove non poteva far danno. Non ho trovato riferimenti su questo anche se è una lettura possibile: Quaroni in effetti svolse poi un ruolo importante a Parigi per la nuova Italia democratica. Alla conclusione della sua carriera alla Farnesina,, divenne presidente della RAI (fors'anche per il suo amore per la radio) e, secondo un'altra fonte, pure della Croce rossa. Ma qui ci interessa il Quaroni di Kabul e fa simpatia la sua ironia, ad esempio, nel descrivere – che è ciò che oggi vorrei proporvi – di una serata a Kabul mentre la piccola comunità italiana vive ore d'angoscia aspettando la dichiarazione di entrata in guerra di cui saprà solo dalla radio, strumento appunto che Quaroni adorava.

Ma comunque, guerra o non guerra, l'etichetta ha le sue regole, ecco allora che .... “Il gruppo diplomatico di Kabul era piccolo, e la guerra lo aveva già ridotto. Quella sera eravamo invitati ad una serata alla Legazione d'Egitto: eravamo quasi sulla porta quando mi viene incontro tutto agitato Cagnacci a dirmi che radio Roma aveva annunziato che fra mezz'ora il duce avrebbe parlato. La notizia non era rassicurante: non ci voleva molto per indovinare di che cosa si sarebbe trattato: aveva già annunziato, da tempo, che non avrebbe più parlato che per delle novità importanti. Che fare? Andare come se non fosse niente e correre poi il rischio di vedere arrivare un bigliettino al ministro d'Inghilterra annunciante che l'Italia aveva dichiarata la guerra? D'altra parte, a Kabul c'era un curioso protocollo: non si apriva il buffet se non quando erano arrivati i principali invitati: ed a Kabul il ministro d'Italia era fra i principali invitati. In un piccolo posto si conoscono tutti; si sono anche già detto tutto quello che degli esseri umani si possono dire; per animare un po' l'atmosfera, e la conversazione, ci vuole almeno un po' di alcool; per questo l'apertura del buffet è un momento importante, cruciale: finché il buffet è chiuso tutti stanno lì, un po' impettiti, come per dire: ma che cosa ci avete chiamati a fare? Decidemmo quindi che mia moglie ci sarebbe andata sola, dicendo che ero stato trattenuto un momento da qualche cosa di urgente; poi, secondo i casi, avrei mandato un biglietto o sarei arrivato di persona”.

La foto di Quaroni è tratta dal sito di Stefano Baldi

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