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lunedì 2 febbraio 2009

LA SOTTILE LEGGEREZZA DEL ΠΡΑΓΜΑ



Era ieri e dicevamo che avremmo liberato questa terra dall'oscurantismo talebano. Se girate per Kabul, questa è una città dove i chierichetti del kalashnikov non godono di consenso. Ed è anche il motivo per cui questa città ci sopporta. Ma da qualche giorno, sulla stampa americana o nelle analisi di qualche rivista di intelligence, si fa strada una nuova teoria. Ma che ci importa se l'Afghanistan diventa talebano, purché, ben inteso, smetta di dar rifugio alla banda di jihadisti di Al Qaeda? Sacrificati sull'altare del pragmatismo, i buoni principi finiscono sempre per lasciar spazio al diavolo. E negoziare con lui ci potrebbe anche stare, è anzi, forse, l'unica via. Ma qui si suggerisce altro.

Se Karzai non ce la fa va bene anche mullah Omar. Basta che ci lasci stare, che non si metta in testa il jihad globale. Il jihad globale è la teoria dei qaedisti e a me pare che abbia poca presa da queste parti, se mai l'ha avuta. La fortuna delle teorie di Osama bin Laden fu la guerra al terrore. Bin Laden aveva forse capito o intuito che solo una forte reazione americana avrebbe convinto i “tranquilli” talebani, gli arcaici pathan del Pakistan, gli sgarrupati mujaheddin di Jolo, i mercenari arabi al soldo di Khartum e gli islamisti minoritari di Giava, che la guerra poteva solo essere globale. Non credo che abbia mai avuto speranze di poter influenzare Hamas ed Hezbollah, eserciti di liberazione nazionale già ben strutturati. Rivendico di averlo pensato sin dal bell'inizio. Ora che anche i talebani sono tornati ad esserlo - un esercito di liberazione nazionale guidato dall'obiettivo di cacciare l'invasore - le tesi di Al Qaeda appaiono in affanno. Perché i qaedisti sono dei “fuochisti”, per usare un vecchio termine, non dei leninisti. Dunque un accordo segreto potrebbe profilarsi...

Quando penso alla nostra presenza militare mi dico che, con tutti i dubbi che riguardano il suo controverso mandato, la catena di comando, la confusione di ruoli, è qui per evitare la discesa nel caos, per citare Rashid. Tutti sanno ormai che una soluzione militare al conflitto non c'è, ma non riesco a pensare che si possa con cinismo abbandonare l'Afghanistan al suo destino. Non dico che qualcuno lo stia proponendo, ma vedo profilarsi l'ipotesi. Lo noto da osservatore, abituato a leggere tra le righe e a capire quando un'idea viene sottilmente soffiata sul piatto perché noi giornalisti la propaghiamo come fanno gli uccelli coi semi. Mi viene allora una grande tristezza che si somma all'angoscia di veder nelle strade della capitale aumentar ogni giorno il numero dei mendicanti. Non mi sono mai sconvolto più di tanto per il burqa, un'usanza che a me pare barbara tanto quanto l'orribile vestimento che i sauditi impongono alle loro donne. Mi viene su la bile piuttosto quando vedo che, alla battaglia dei principi, si sostituisce mellifluamente la pratica oscura del pragmatismo che strappa il velo di un'ipocrisia mascherata dai buoni sentimenti. E che ciò si, assai più del burqa, negherà i diritti su cui questi principi sono fondati.

Amo questo paese e non so perché. E' una bella donna senza un filo di trucco coperta di stracci e che non si lascia toccare, ma vi ruba il cuore. Voi lascereste la vostra amata nelle mani di un bruto? Per quel che mi riguarda farei il possibile per evitarlo.

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