Alla persona cui i capelli cominciano a cadere o ad imbiancare, si addice in Afghanistan portare un copricapo: calottina di cotone o di lana, turbante di varie fogge, pakol - feltro cari ai montanari - o il piu’ raffinato qaraquli (nero, marrone, grigio cenere) che qui vedete indegnamente portato dall’autore di questo blog. Una volta il cappello, o il turbante, lo portavano tutti. I giovani sempre di meno adesso, usanza del resto perduta anche da noi. Almeno nella capitale. Il qaraquli e’ il tocco che e’ solito portare il presidente Karzai e in genere i notabili di questo paese. Infatti, non tutti possono o sono soliti portare il qaraquli, fatto con la pelliccia della pecora qaraqul e con pelliccette piu’ o meno giovani e piu’ o meno pregiate di questi poveri bellissimi animali.
Nel caso di questo particolare cappello, sapere come viene prodotto, nelle sue fogge piu’ prestigiose, vi fa passare la voglia di acquistarlo anche se il prezzo ne determina, oltreche’ il valore, anche la sua origine. Piu’ o meno drammatica.
Per ottenere pellicce piu’ pregiate, i piccoli qaraqul (la cui lana e’ anche chiamata da noi astrakan o di agnellino persiano) vengono fatti nascere prematuramente con tre settimane di anticipo, cosa che si ottiene assetando la madre per due o tre giorni e poi somministrandole una soluzione di acqua e sale che provoca il parto. Poi il piccino viene subito ucciso e la sua pelliccia, morbidissima, diventa un copricapo. Non e’ certo il caso del mio, costato venti dollari, ma certo di quelli assai piu’ cari, fino a mille dollari, e ricoperti con la lana dei giovanissimi qaraquli prematuri. Il mio, proprio per il suo costo, spero proprio non provenga da una simile pratica ma certo e' pur sempre fatto con una pelliccia. Posso solo sperare che provenga da una morte naturale (il che dev'essere abbastanza comune), ma mi rendo conto che sto solo cercando di di giustificare l'incauto acquisto.
Non tutti dicevamo possono e sono soliti portarlo. Intanto (aihme’) ci vuole l’eta’, e poi lo status sociale. Un khan dunque porta il qaraquli. Ma non e’ solo una questione di denaro e anzianita’, quanto di rispetto. E proprio per questo fatto, proprio per via del qaraquili, vengo spesso scambiato per un locale. E mi fanno un gesto di cortesia che a volte e’ utile, in questo paese, per passare inosservati. E, senza troppi intoppi, i posti di blocco.
La foto in alto e’ di Isabella Pierangeli
Quella piu’ sotto, con turbanti e pakol, e’ di Romano Martinis
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