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martedì 18 agosto 2009

MENO DUE

“Afghan Vintage”. A due giorni dal voto, qualche ironico osservatore le ha già definite così queste elezioni arrivate al termine della campagna elettorale chiusa ieri ufficialmente. Tra minacce talebane – che hanno recapitato alla sede di Al Jazeera, un palazzetto nuovo ed elegante vicino al centro, i volantini in cui si afferma che la guerriglia taglierà i nasi, le orecchie e le dita di chi si recherà a votare – e un palpabile clima di tensione, l'antico e il ritorno di vecchi protagonisti della storia afgana hanno segnato l'ultimo scorcio della propaganda dei candidati.

Hamid Karzai, capo dello Stato uscente, ha chiuso la campagna con una conferenza stampa in cui si è fatto bello esibendo i candidati che si sono ritirati in suo favore. Otto su 41 senza contare l'ultimo colpo largamente annunciato: il ritorno dell'ex signore della guerra, generale col filosovietico Najibullah e ministro con Karzai, Abdul Rashid Dostum. Il suo sostegno, e cioè il pacchetto di voti della regione trucofona del Nord, non è di poco conto e gli si può dunque perdonare di avere sul groppone un mandato per omicidio che lo aveva costretto a un breve esilio in Turchia. Dostum riveste comunque la carica – ancorché abbastanza simbolica - di capo di stato maggiore delle forze armate, possiede media e una milizia fedelissima oltre a un fortissimo potere sulle aree attorno a Mazar-i-Sharif, suo feudo personale. La “casetta” di Kabul è un palazzone con una parabola grande quanto quelle della Nato, sorvegliata da un manipolo di miliziani che tengono lontani curiosi e giornalisti. E' chiaro che solo il presidente poteva far cestinare o sospendere le accuse contro di lui ed è dunque scontato il suo appoggio a Karzai che spera di farcela al primo turno. Ma non è l'unico ritorno old style.


Leggi tutto nella rubrica Afghanistan di Lettera22

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