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venerdì 15 gennaio 2010
HAITI, 72 ORE PER FARE BENE
In ogni emergenza o catastrofe naturale ci sono alcune cose che è necessario fare, bene e rapidamente, e molte altre che andrebbero evitate. E se la corsa contro la clessidra è fondamentale (le famose “72 ore”, il tempo dell'emergenza primaria e quello in cui è ancora possibile salvare vite umane), è altrettanto fondamentale non farsi prendere dalla fretta del voler fare a tutti c i costi qualsiasi cosa. E' la raccomandazione che fanno gli esperti proprio per evitare che perniciosi luoghi comuni creino una sorta di confusa propensione al fare che si traduce in un “disastro nel disastro”...
“Intanto – spiega il professor Piero Calvi Parisetti, consulente dell'Onu e docente all'Ispi di Milano di Emergenze e aiuti umanitari – la somma dei disastri che ha colpito Haiti comporta anche una fortuna: ossia che la comunità internazionale è già presente (il contingente Onu è di 9mila uomini ndr) e che Haiti si trova vicina al centro logistico più importante dell'area, situato a Panama. Da cosa partire? La prima cosa su cui concentrarsi – dice Calvi Parisetti- è il salvataggio delle persone sotto le macerie nelle prime 72 ore. Le squadre già stanno operando in questa direzione, circa una trentina da ieri mattina. Dopo cinque o sei giorni si mettono poi in piedi quelli che sono i settori di intervento tipici degli umanitari: l'assistenza sanitaria, l'approvvigionamento di acqua potabile e, purtroppo nel caso di Haiti, anche un sistema di distribuzione di alimenti che nei terremoti non è di solito una necessità ma lo è in questo paese, affetto da malnutrizione cronica”.
Calvi Parisetti mette in guardia anche su un altro luogo comune: il rischio epidemia. Non esiste, sostiene il docente... Continua su Lettera22
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