In caso di catastrofe naturale una delle grandi domande è sempre la stessa: chi coordina le attività delle migliaia di squadre di solidarietà, l'arrivo dei materiali, i quattrini che la solidarietà internazionale mette in campo? Una questione che si ripresenta a ogni emergenza specie quando la catastrofe richiama, per numero di morti, presenza di turisti occidentali o per qualsiasi altro motivo, l'attenzione di giornali e Tv. Ad Haiti, come dovunque, il coordinamento una testa ce l'ha. O meglio l'avrebbe: si chiama UN Disaster and Assessment Coordination (Undac) team delle Nazioni unite che entra in funzione immediatamente e che qualche esperienza alle spalle ce l'ha.
“Undac entra in funzione subito per poi essere sostituita da Ocha, l'Ufficio per gli affari umanitari dalle Nazioni unite il cui mandato riguarda proprio questo compito”, spiega Gianni Rufini un esperto di aiuto umanitario responsabile dei master di cooperazione internazionale all'Ispi di Milano. Ma se Undac si è messa subito in funzione, attivando un centro all'aeroporto della capitale haitiana, ciò non vuol dire che riesca a guidare, coordinare, indirizzare tutti gli aiuti promessi o già in corso. “Il problema è che quando ci sono molti quattrini di mezzo, come in questo caso, il coordinamento ne risente – dice Rufini – in un'equazione ormai nota: più soldi ci sono, meno coordinamento si ottiene”. Perché? “Perché sembra meno necessario in quanto non c'è bisogno di ottimizzare i costi. Inoltre in questi casi la visibilità genera il desiderio in ogni paese di far emergere la propria bandiera”, che sparirebbe sotto il cappello di un unico coordinamento. Una vecchia storia...Leggi tutto su Lettera22
1 commento:
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