Alla fine la marcia indietro c'è stata. Anche Emergency lo riconosce: «Il governo sta cominciando a fare il minimo indispensabile».
Dopo le dichiarazioni “a caldo” al momento dell'arresto del personale di Emergency, dopo aver esitato nel prendere una posizione forte a favore di tre connazionali nei guai, dopo aver alluso alla possibilità di una collusione coi terroristi, il ministro Franco Frattini ha fatto quello che tutti si sarebbero aspettati sin da sabato. Nell'audizione di ieri in parlamento ha spiegato che la diplomazia si sta muovendo perché vi siano tutte le garanzie della difesa e manifestando “insoddisfazione” per le risposte afgane sui capi d'accusa. Un clima migliore dunque che potrebbe anche preludere alla liberazione di uno degli arrestati (Pagani).
Latore di una sua lettera e di una missiva di Silvio Berlusconi a Karzai, l'inviato speciale della Farnesina Massimo Iannucci ha consegnato oggi a Kabul le richieste del governo italiano anche se della lettera del premier si è saputo solo nel primo pomeriggio di ieri, dopo che persino la Lega, non certo ascrivibile ai simpatizzanti di Strada, aveva trasmesso la sua preoccupazione e la volontà di “riportarli a casa”. Del silenzio del premier si era anche accorta l'Italia dei valori e la Tavola della pace che, in un comunicato di prima mattina, lo aveva sollecitato a uscire da quello che l'Idv aveva bollato come un “assordante silenzio”. Se Berlusconi abbia scritto la lettera ieri mattina vedendo la marea montante delle proteste non è dato sapere, anche è bizzarro che si sia saputo lunedi del messaggio di un ministro, per quanto di serie A, ma non di quello del capo del governo. Forse Berlusconi ha voluto anticipare il Pd che, nelle interpellanze di questi giorni, si era dimenticata di chiedersi come il premier non avesse proferito verbo trattandosi della pressione su capo di stato.
Tant'è. Nel giro di qualche ora la marcia indietro, forse con un occhio ai sondaggi e alla raccolta di firme per Emergency (quasi 300mila), il governo ha deciso di sposare la linea “umanitaria”. Di far accompagnare Iannucci dall'esperto giuridico del ministero e di affidare il caso all'avvocato Nooristani, uno dei migliori di Kabul che, grazie al sostegno italiano, ha fondato in Afghanistan la prima associazione di avvocati. E' l'uomo che difese un giornalista afgano condannato a morte (poi liberato da Karzai), che seguì e consigliò sulla vicenda Hanefi e che sarebbe stato opportuno indicare sin dalle prime ore del fattaccio, visto che i detenuti sono nella mani della polizia segreta la quale, come ha spiegato Frattini, li può tenere a disposizione per 15 giorni (molti), lasciandone al magistrato altrettanti (pochi) per decidere scarcerazione o rinvio a giudizio. Non è un caso se Emma Bonino ha voluto puntualizzare, durante l'audizione, la preoccupazione per quanto detto proprio sotto il torchio dell'intelligence. Parole, ha detto, di cui non si dovrà tenere conto perché pronunciate fuori da ogni garanzia legale.
Comunque Frattini non ha rinunciato a rintuzzare Strada, sostenendo che le sue polemiche non aiutano. A buon conto, il campione della marcia indietro è stato il ministro La Russa secondo cui: «L'abbiamo detto fin dal primo momento: abbiamo il diritto e il dovere di pretendere che siano garantiti tutti i diritti processuali e, prima ancora, umani”. Veramente su La Stampa del 12 aprile aveva detto che gli arrestati non si potevano considerare innocenti in modo aprioristico così come non era possibile considerarli colpevoli. Un bel equilibrismo che faceva carta straccia di qualche secolo di civiltà giuridica sulla presunzione d'innocenza.
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