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giovedì 6 gennaio 2011

ASSANGE E I GIORNALISTI

"L'unica linea che un giornalista e' tenuto a rispettare e' quella ferroviaria..."
Albert Londres

Come spesso accade con fenomeni eclatanti e sconvolgenti, com'è il caso Wikileaks e del suo guru Julian Assange, la platea si divide rigorosamente in due fazioni. Chi condanna, arrivando a ritenere l'attività del sito una sfida alla sicurezza nazionale e Assange un terrorista di nuova generazione, e chi plaude all'avvento di una nuova era santificata dalla presenza di un cavaliere solitario, eroico e senza paura.

Per quanto mi riguarda sono tra coloro che militano nella seconda schiera, con qualche distinguo: ho firmato petizioni per Assange, scritto articoli su di lui e mi sono abbeverato alle fonti di Wikileaks. Ma con tutto il rispetto per Julian e la gratitudine per i file nascosti ora intellegibili, non credo che, come qualcuno ha detto, si tratti di una rivoluzione. Soprattutto non credo che Wikileaks cambierà il giornalismo e i giornalisti anche se, indubbiamente, oggi ne sappiamo di più. Credo invece che Wikileaks sia una manna per gli storici che hanno bisogno di documenti assai più di noi cronisti a cui molto spesso una notizia viene confidata per le vie brevi, in qualche corridoio o in qualche caffè. Per strada insomma. Se anzi ci abituassimo a considerare i cablogrammi segreti la notizia su cui lavorare, proprio perché è (era) segreta quindi appettibile, sarebbe sarebbe la fine del giornalismo, una professione già in grossa crisi...Leggi tutto su Lettera22

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