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venerdì 7 gennaio 2011

IL MINISTRO IN MIMETICA CONTRO LE MIMETICHE

Dopo gli scontri coi talebani, di cui è stato vittima l'ultimo dell'anno il caporale italiano Matteo Miotto, arriva lo scontro tra forze armate e ministro. Uno scontro al calor bianco e che il titolare della Difesa sceglie di far brillare proprio nel Gulistan, il distretto maledetto dove Miotto è morto. Ma come è morto?


Ignazio La Russa, piglio muscolare e decisionista, la dice fuori dai denti. Come è morto Miotto non lo sapeva nemmeno lui perché i militari non glielo dissero: “Non era stata fornita neanche a me quella parte di notizia che inseriva l'evento nell'ambito di uno scambio di colpi durato diversi minuti. Poi magari ha sparato effettivamente un solo cecchino, ma certamente c'era la presenza con armi leggere di altre persone. L'ipotesi prevalente – aggiunge La Russa - è che abbia sparato una sola persona con il fucile di precisione...di sicuro c'è stato uno scambio di colpi durato diversi minuti, al quale gli italiani e lo stesso Miotto hanno preso parte, reagendo con prontezza”. Insomma a La Russa i militari dissero delle mezze verità, edulcorate, incerte: “In tutto questo ho trovato un briciolo di quella vecchia impostazione di dire una verità che non allarmi. Io sono invece convinto che la verità non allarma mai e, in questo caso, va detta fino in fondo prima di tutto per rispetto di Matteo Miotto”.

E' un vero affondo nei confronti dei militari italiani sul quale molti parlamentari chiedono ora di riferire alle camere. Ma è anche un gancio a Vincenzo Camporini a pochi giorni dall'avvicendamento al vertice delle Forze armate del Capo di stato maggiore della Difesa, persona verso cui La Russa non ha mai avuto sentimenti molto teneri. Antipatia, pare, ricambiata (l'incarico scade il 17 gennaio: nominato Csm della Difesa nel novembre 2007, ha visto prorogare due volte il suo mandato. Sarà sostituito da Biagio Abrate).

Tornando all'affaire Gulistan, il ministro saprà però perdonare anche se, par di capire, l'avviso a chi sostituirà Camporini è chiaro: “Non bisogna dimenticare che tutto è successo l'ultimo dell'anno, in una base lontana, e che le notizie erano frammentarie: tutto ciò è una grandissima attenuante. A me è stato spiegato - aggiunge - che mi sono state date le notizie certe e che hanno preferito non darmi quelle che non erano confermate al 100%. Lo prendo per buono, tant'è che non ci sarà nessuna conseguenza. Non voglio accusare qualcuno, ma voglio ribadire che la mia dottrina, chiamiamola così, è quella della massima trasparenza. Non c'è nulla da nascondere”.
Sullo sfondo una guerra affogata in un mare di polemiche crescenti tra cui quella su Miotto, complicata adesso dall'uscita del ministro. E in un quadro sempre più confuso.

A sei mesi da quello che dovrebbe essere l'inizio del ritiro delle truppe americane si viene a sapere che gli Stati Uniti avrebbero intenzione di inviare in Afghanistan prima dell'inizio della primavera altri 1.400 marine, a ulteriore sostegno alle forze di combattimento impegnate nella guerra. Così ha scritto ieri il Wall Street Journal, secondo cui un battaglione di marine potrebbe cominciare ad arrivare sul terreno già a metà gennaio. Forze che sarebbero dispiegate a Sud, intorno a Kandahar dove gli Stati Uniti hanno concentrato le loro truppe negli ultimi mesi. Una guerra ancora lunga, nonostante il ritiro annunciato, e costosa: Stati Uniti e alleati della Nato spenderanno nel 2011 11,6 miliardi di dollari, poco meno di 9 miliardi di euro, la cifra più grossa mai stanziata per un anno, per la formazione dell'esercito e della polizia, ha raccontato ieri il Washington Post.

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