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venerdì 11 marzo 2011

PERCHE' NON MI PIACE (E MI FA PAURA) LA NO FLY ZONE


A metà degli anni Novanta l'Onu vietò lo spazio aereo sopra la Bosnia senza riuscire però a evitare la mattanza di Srebrenica o lo stillicidio di Sarajevo. Agli inizi di quel decennio invece, una coalizione di volenterosi, che allora non si chiamava ancora così, aveva deciso, in barba all'Onu che definì “illegale” quella scelta, di imporre una no fly zone sui cieli dell'Irak. Stati uniti, Gran Bretagna e Francia (che nel 1998 si ritirò dalla missione) ottennero qualche effetto nella protezione dei curdi nel Nord del Paese, ma non riuscirono a impedire le stragi di sciiti che Saddam Hussein aveva ordinato nel Sud agli squadroni di elicotteri che, volando bassi, sfuggivano ai radar nemici perseguendo senza difficoltà i propri obiettivi. La no fly zone sull'Irak, infine, fu l'anticamera della guerra più nefasta che l'inizio di questo secolo abbia visto.

Se l'esperienza insegna qualcosa bisognerebbe dunque pensarci due volte, come per fortuna Stati uniti e Europa stanno facendo, prima di fare un passo pericoloso come l'istituzione di una no fly zone. Tecnicamente impedire il sorvolo dei cieli libici ai caccia del rais può apparire come una scelta “umanitaria” tesa a impedire un possibile massacro di civili. Ma di fatto è una dichiarazione di guerra e prelude a veri e propri atti di guerra come sono le azioni di intercettazione e abbattimento dei velivoli posti sotto tutela. Gli atti bellici spingono di solito ad altri atti bellici e a un'esibizione muscolare che tende a trasferirsi dal cielo alla terra con conseguente invio di truppe. Preludio insomma a un'ennesima palude in cui, per evitare una strage di civili, si prepara in grande stile la loro futura e certa morte per mano amica.

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