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lunedì 4 aprile 2011

DOPO MAZAR

Se l'attentato di ieri a Kabul rientra, bene o male, nella routine della guerra afgana, l'assalto al compound dell'Onu di due giorni fa, le manifestazioni nello stesso giorno a Kabul ed Herat e i fatti di ieri a Kandahar, indicano invece un salto di qualità o, quantomeno, la nascita di una nuova strategia della guerriglia, o di parte di essa.

La dinamica dell'assalto di Mazar-i-Sharif non è ancora chiara ma la concomitanza di tre manifestazioni in tre diverse città del Paese potrebbe svelare un piano probabilmente architettato con l'intento evidente di dare una copertura di massa a un'azione del commando: una novità nella tecnica guerrigliera talebana. I talebani non hanno mai cercato coperture di massa e l'azione a Mazar dell'altro ieri indica un cambiamento di strategia e denuncia al contempo una debolezza: la necessità di simulare consenso o di far apparire che le azioni armate e violente ne abbiano tra la popolazione civile. Un tentativo evidentemente smascherato dai numeri e dalle foto che immortalano soprattutto ragazzi giovani (i talebani hanno un certo seguito tra gli studenti universitari) e qualche centinaia di persone, non mobilitazioni di massa gigantesche come quelle che abbiamo visto in Nord Africa o in Medio oriente.

I talebani
non hanno rivendicato l'azione di Mazar sostenendo anzi che si era trattato di una manifestazione di rabbia spontanea di sinceri musulmani, una dichiarazione politicamente efficace ma poco convincente. Le manifestazioni spontanee (che possono ovviamente anche essere teleguidate o manipolate) se anche si trasformano in azione violenta, raramente arrivano a tanto: una manifestazione spontanea che diventa violenta si trasforma in sassaiola, lancio di benzina, forse anche omicidio di qualche poliziotto o dimostrante ma da qui ad assalire un compound difeso da guardie armate, fare irruzione e uccidere e sgozzare chi c'è dentro (sembra almeno uno dei funzionari) ce ne corre. Queste sono azioni da commando, preparate. E non con sassi, con armi vere. A Mazar-i-sharif, che non ha una tradizione di violenza e nemmeno di occupazione talebana, una manifestazione per il Corano si può capire e accettare e si può capire e accettare che diventi violenta. Che si trasformi in un'azione di guerra però no. Più facile pensare che, con la copertura di massa del corteo, un commando pre organizzato infiltrato (chi ha pratica di “piazze” sa cosa significa) abbia sfruttato se non architettato un piano ben congegnato per sfruttare la rabbia, surriscaldare gli animi, cavalcare la possibile scia delle rivoluzione arabe e far credere che la lotta armata abbia molto consenso. Il che dimostra semmai tutto il contrario....(segue) Leggi tutto su Lettera22

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